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COS'È L'ATTEGGIAMENTO MENTALE VINCENTE?

COS'È L'ATTEGGIAMENTO MENTALE VINCENTE?

Leggere L’atteggiamento mentale vincente aiuta a sfatare il mito del talento, ponendo il focus sul ruolo della determinazione e dell’atteggiamento mentale giusto necessari per diventare o allenare atleti d’elite.


TALENTO VS. IMPEGNO


Per essere un buon allenatore o genitore che accompagna un atleta nel suo per­corso di crescita sportivo, bisogna credere nella malleabilità del talento. Occorre convincersi che le prestazioni non rappresentano ciò che si è, ma il livello di com­petenza raggiunto fino a quel momento, come faceva ben capire un maestro di Judo che premiava i ragazzi vincitori nelle gare interne della società con medaglie di ghiaccio.


Evitiamo proclami enfatici che legano alla partita le sorti del mondo e quando i nostri atleti esultano troppo, ogni tanto facciamo come Cus, che a Ty­son esultante per un ko diceva:

«Ti sei allenato due anni per questo e ti comporti come se ne fossi sorpreso?».

Semmai, sperimentiamo qualche forzatura motiva­zionale all’inizio della settimana di lavoro, per farli allenare meglio. Cerchiamo di condurre un atleta verso esperienze in cui con l’impegno si raggiungono risultati migliori e poi facciamo notare l’efficacia del lavoro svolto.

Diventa quindi fondamentale evitare di porre l’accento su talento, genialità o simili, bandendo questi termini dal nostro vocabolario e sostituendoli con definizioni dinamiche. Se il bambino gioca una bella partita non diciamogli «sei un campione», ma «ti sei allenato con la giusta concentrazione in settima­na, hai visto che risultati?».

Valorizziamo il percorso, il processo, attraverso una disamina precisa dei suoi meriti, con espressioni del tipo «hai utilizzato bene quel movimento sul quale abbiamo lavorato molto». Anche nelle valutazioni negative è importante essere specifici, non generici né tantomeno emotivi. Ur­lare «hai sbagliato!» non serve a nulla, mentre dire con fare rassicurante «dovre­sti modificare quel movimento in questo modo» permette di correggere l’errore e rende dinamici.

Si può intendere che lo sport prepari alla vita, perché permette di maturare l’atteggiamento giusto e di poterlo tradurre anche in altri ambiti, come quello professionale o scolastico: ci può insegnare ad affrontare gli ostacoli che la vita ci pone davanti.

Infatti, quando siamo di fronte a un ostacolo la prima vera competenza che dovremmo maturare è la capacità di sentirci responsabili delle difficoltà incontrate, perché se la nostra realizzazione dipende da ciò che fa qualcun altro, siamo alle prese con un problema praticamente irrisolvibile e rischiamo di trascorrere una vita intera lamentandoci di come i genitori, la moglie o il marito ci abbiano rovinato la vita.

Attribuire all’esterno la responsabilità dei nostri guai ci porta a non fare nulla, o perlomeno non abbastanza per migliorare la situazione: volenti o nolen­ti, possiamo agire soprattutto su noi stessi, e solo limitatamente sul mondo che ci circonda.

Come suggerisce lo psicologo del lavoro Stephen R. Cowey, dovremmo concentrarci sulle soluzioni, anziché sulle cause:

«È tanto più facile addossare la colpa di una nostra situazione ad altri, ai con­dizionamenti ricevuti o alle situazioni contingenti […] Ma se voglio davvero migliorare la situazione posso lavorare sull’unica cosa di cui ho il controllo: me stesso.»

Con il termine proattività Cowey definisce la capacità di porsi in maniera efficace di fronte ai problemi, cercando in noi e nel nostro comportamento prima una causa e poi una soluzione. Suggeriva Gandhi che ammettere i propri errori rende più forti, e non viceversa come pensano in molti. Per contro, attribuire all’e­sterno la responsabilità di un problema ci autorizza a tirare i remi in barca.

Il percorso verso il successo di un atleta è inevitabilmente costellato da dif­ficoltà e assumersene la piena responsabilità diventa il prerequisito per avere la possibilità di cambiare le cose. Se ad esempio penso di non giocare titolare a causa dell’allenatore non sto facendo qualcosa per migliorare la situazione, ma sto solo alimentando sentimenti nefasti e depotenzianti come rabbia e rancore. Occorre farsi domande differenti, proattive, che puntino alla soluzione o al raf­forzamento delle nostre abilità: «Cosa posso fare, di più e meglio, per migliorare la situazione? Cosa posso imparare da questa difficoltà?».

Per saperne di più sul giusto approccio allo sport e alla vita, L’atteggiamento mentale vincente.

L'ATTEGGIAMENTO MENTALE VINCENTE