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BIOMECCANICA: IL MOVIMENTO

BIOMECCANICA: IL MOVIMENTO

Il libro Biomeccanica degli esercizi fisici di Alfredo Stecchi affronta dei temi legati al coinvolgimento articolare e muscolare con lo scopo di migliorare le tecniche esecutive per lo sport. Partiamo dal significato di “movimento”.

 

In natura, tra le diverse forme di movimento, quello dell’uomo può essere considerato uno dei fenomeni più complessi. Questa certezza è dovuta non solo per la sofisticata organizzazione dell’intero apparato locomotore in rapporto con l’ambiente esterno, ma soprattutto perché la regolazione di questo fenomeno è gestita dal cervello, cioè la più alta forma di organizzazione della materia vivente. Come vedremo, la prima legge della dinamica di Newton afferma che un corpo permane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, se non interviene una forza capace di modificarlo.

Il movimento allora, con riferimento all’esercizio fisico, deve essere considerato come un fenomeno di cambiamento di stato dovuto in particolare all’azione del sistema muscolare in rapporto alla più rappresentativa delle forze esterne: la forza di gravità. Comunque, per non incorrere in errate affermazioni si può dire che esiste movimento lì dove esiste dispendio energetico: così dicendo non cadiamo in fraintendimenti con la fisica, perché se movimento vuole dire sforzo e quindi dispendio energetico, allora è movimento anche quello che non produce spostamento come si verifica durante le contrazioni statiche.

Si ricorda invece che in fisica, il lavoro (qualsiasi forma di movimento) è il prodotto della forza applicata per lo spostamento.

 

Il controllo nervoso e muscolare del movimento

In ogni caso l’atto motorio deve essere considerato come l’espressione della interazione di tre sistemi funzionali:

- il sistema percettivo, dove si verifica la ricezione degli stimoli e delle sensazioni (vie sensitive, afferenti);

- il sistema elaborativo, dove i segnali ricevuti sono sottoposti a programmazione (sistema nervoso centrale);

- il sistema effettore, che si occupa di inviare la risposta esecutiva

e di realizzare il movimento (vie motrici, efferenti).

Se il compito del sistema percettivo e di quello elaborativo non sono visibili ai nostri occhi pur rivestendo compiti fondamentali, il sistema effettore risulta invece visibile in quanto rappresenta l’esecuzione dell’atto motorio.

Da un punto di vista pratico vediamo che un impulso nervoso, frutto degli stimoli ricevuti dagli analizzatori e in seguito programmati a livello della corteccia motoria e dei centri sottocorticali, è la causa della contrazione muscolare e quindi del movimento. Tale impulso viene appunto inviato dal sistema effettore che è rappresentato dall’unità motrice (o motoria). L’unità motrice è l’insieme formato da un motoneurone, cellula nevosa che forma una giunzione neuromuscolare con i muscoli scheletrici, e dalle fibre muscolari che esso innerva.

Il motoneurone attraverso le vie discendenti del midollo spinale giunge fino alle componenti proteiche del muscolo, actina e miosina, le quali raggiunte dall’impulso danno vita ad uno scorrimento (cross-bridge) che produce tensione; tale tensione viene trasmessa tramite i tendini alle ossa su cui agiscono e quindi ha vita un movimento (Bosco, 1985).

 

Così descritto il movimento potrebbe apparire come un fenomeno sicuramente articolato e ben congegnato ma fondamentalmente semplice: così non è, soprattutto poi quando si parla di movimenti coordinati.

Tale sistema inoltre non ha tenuto conto dei meccanismi grazie ai quali viene presa la decisione di compiere una determinata azione, l’idea cioè di iniziare un determinato compito motorio: a tal proposito le risposte sono ancora scarse, ma è importante almeno sapere che alla base di tutto vi è la motivazione seguita dall’idea di voler compiere un determinato gesto.

Subito dopo si mettono in moto una serie di sofisticati meccanismi che hanno molto a che fare anche con l’inconscio. In tutti casi si può affermare con certezza che qualsiasi genere di movimento sia il frutto di interrelazioni tra azioni volontarie ed involontarie.

 

L’apprendimento del movimento

Anche il processo di apprendimento risulta composto da varie fasi e non è così semplice come può apparire. Sinteticamente assistiamo ad un susseguirsi di periodi che necessitano singolarmente di grande attenzione sia come fenomeni isolati che in diretta comunicazione tra loro: durante la prima fase il ruolo dell’allenatore è di fondamentale importanza perché deve riuscire a fornire informazioni chiare e precise per fare eseguire dei movimenti estremamente facili dopo averli dimostrati. In questo momento si diventa in pratica “capaci” di eseguire un semplice compito motorio.

Questa prima fase inoltre, denominata anche della coordinazione grezza, può essere la causa di errori e di conseguenti rinunce da parte dell’allievo, per cui l’aspetto motivazionale fornito sempre dall’allenatore risulterà basilare.

Nella seconda fase, denominata della coordinazione fine, il movimento che precedentemente si riusciva solo ad eseguire, adesso viene automatizzato e ripetuto con disinvoltura anche in presenza di parametri sfavorevoli come la fatica, in condizioni di precario equilibrio o con variazioni di velocità esecutiva.

La terza fase, della disponibilità variabile, è una tappa durante la quale si esprime un elevato tasso tecnico esecutivo anche in presenza di enormi azioni di disturbo ed è il risultato di una razionale programmazione e di un lavoro metodico estremamente impegnativo. Si tratta della fase in cui il sistema nervoso passa da un azione completamente volontaria in tutte le sue sequenze ad un azione automatizzata; perché l’atto motorio si svolga sarà necessario solo l’input volontario per iniziare e per terminare il movimento. Per un ulteriore approfondimento si rimandano i lettori al capitolo settimo quando si parlerà delle capacità coordinative.

 

 

L’esercizio fisico

Nel discorso che ci riguarda, il movimento si esplica attraverso l’esercizio fisico, al quale termine si può attribuire sia un significato riferito in generale all’attività fisica (all’allenamento), sia un riferimento più specifico ad ogni singola esecuzione.

L’esercizio fisico rappresenta in pratica lo stimolo che viene dato all’organismo e che di conseguenza porta ad un adattamento; tale adattamento, a seconda di come viene fornito lo stimolo, può essere di carattere metabolico-plastico, di tipo coordinativo e tecnico. In ogni caso, attraverso l’allenamento sistematico, costante e continuo nel tempo, si vengono a realizzare dei miglioramenti delle funzioni e delle strutture biologiche.

Le attività nelle quali vengono praticati gli esercizi fisici sono oggigiorno davvero numerose. Dallo sport di tipo professionistico a quello di tipo dilettantistico, dal fitness finalizzato al benessere all’attività svolta per l’estetica, per finire alla ginnastica medica.

Lo sport

Il termine sport implica per definizione il concetto di competizione. Chi gioca a tennis o a calcetto con amici 1-2 volte alla settimana non pratica dello sport ma fa semplicemente dell’attività fisica per hobby. Lo sport comincia a definirsi tale nel momento in cui ad un evento di carattere competitivo (con frequenza settimanale, bisettimanale, mensile, stagionale, annuale, ecc.) si accompagnano sistematicamente almeno 2-3 sedute di allenamento settimanali. In una ipotetica suddivisione, partendo da un livello dilettantistico (o del settore giovanile) in cui si verificano appunto almeno 2 allenamenti settimanali, si passa ad un livello semiprofessionistico per poi giungere allo sport di tipo professionistico. La preparazione fisica viene abbinata ormai (in misura maggiore o minore) in tutte le discipline sportive e si prefigge lo scopo di migliorare la prestazione. Il miglioramento della prestazione è chiaramente finalizzato al raggiungimento di un determinato stato di forma che possa rendere l’atleta competitivo.

Molto importante è indubbiamente il risultato, ma ancora più importante è sicuramente l’impegno psico-fisico che si riesce ad esprimere durante la gara: si può anche perdere ma bisogna farlo con dignità cercando in poche parole di dare sempre il massimo di se stessi sia fisicamente, sia tecnicamente che psicologicamente.

L’importante purtroppo, non è più “partecipare” ma “impegnarsi più che si può”. A livelli superiori poi, l’importante è soltanto “vincere”.

Tranne che in rari casi isolati, la cultura della sconfitta viene trattata in modo molto superficiale, per cui se non si vince si vale poco, dimenticando che solo tramite le sconfitte si può giungere alle vittorie: i più grandi atleti possiedono sicuramente doti fisiche e talentuose fuori dalla norma, ma nel contempo hanno avuto allenatori e preparatori atletici che li hanno aiutati a crescere in tutti i sensi.

La competizione come discorso analizzato isolatamente contiene aspetti molto positivi e importanti nell’ambito della formazione di una persona, ma è lampante che la realtà dello sport professionistico abbia messo in evidenza negli ultimi decenni esigenze strettamente legate al business che devono tenere in considerazione di fattori come lo spettacolo e di conseguenza del miglioramento della performance.

Le solite considerazioni retoriche e moralistiche, basate su cognizioni pseudo-pedagogiche, non fanno altro che condannare ad occhi chiusi questa realtà, dimenticando che la storia è zeppa di culture che hanno scelto di dare grande importanza alle emozioni legate allo spettacolo sportivo, alla prestazione competitiva e alla mitizzazione di pochi.

Sarebbe altrettanto incoerente ignorare esagerazioni ed esasperazioni che obiettivamente vanno disapprovate ma che in questo libro non trovano purtroppo spazio per approfondimenti. Sta di fatto che ci troviamo in un’epoca sotto questo aspetto davvero selettiva, dove il vero campione deve essere più in gamba nel gestire le pressioni di carattere psicologico piuttosto che mettere in mostra le proprie qualità tecniche e fisiche.

È invece fondamentale conoscere quello che può esserci alle spalle delle grandi prestazioni a livello di sacrifici, rinunce e impegni. In tutto questo contesto l’allenamento ricopre un ruolo fondamentale e viene considerato come mezzo per gareggiare nelle migliori condizioni possibili: il momento competitivo viene così ad identificarsi con la qualità e la quantità di allenamento svolto. In poche parole gareggi per come ti alleni.

Raggiunta la maturazione osteo-muscolo-articolare e di tutti gli apparati che partecipano attivamente all’attività sportiva, la preparazione fisica di un atleta, dopo aver avuto negli anni precedenti un’impostazione di tipo “generale”, diventa prevalentemente di tipo “specifico” e “speciale”, non dovrà cioè discostarsi eccessivamente da quelle che sono le caratteristiche e le esigenze della gara. Il principio della specificità trova a questo punto un ruolo da protagonista nell’ottica della preparazione atletica moderna: in questo modo infatti si è riusciti ad ottimizzare i tempi e i volumi degli allenamenti scegliendo così le esercitazioni realmente utili e scartando quelle inutili.

 

Lo scopo è quello di creare muscoli “intelligenti”, impostati al tipo di compito specifico che dovranno ripetutamente affrontare e che agiscano con il minimo dispendio energetico per lo svolgimento dei compiti ai quali sono chiamati.

La preparazione di tipo generale viene così relegata alle fasi che

anticipano la stagione agonistica o ai brevi periodi di richiamo durante la stagione stessa.

In ogni caso si è ormai certi che l’allenamento del futuro, pur rispettando le considerazioni di specificità legate alle azioni della gara, debba sempre più essere interpretata in termini di movimenti globali e sempre meno segmentari, dove il miglioramento della coordinazione intermuscolare deve essere considerato di primaria importanza congiuntamente al principio di azione-controllo.

Tutto questo, non solo in un ottica di miglioramento della performance ma anche da un punto di vista preventivo. È indiscutibile infatti che i traumi di natura osteo-muscolo articolare sono molto frequentemente il frutto di squilibri muscolari e che la preparazione fisica dovrà incaricarsi di prevenire, o quanto meno di gestirli in modo razionale per evitare le conseguenze più gravi.

 

Se ne volete sapere di più sulla biomeccanica, consultate Biomeccanica degli esercizi fisici.

Biomeccanica degli esercizi fisici