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COME GESTIRE L'APA (ADAPTED PHISICAL ACTIVITY)

COME GESTIRE L'APA (ADAPTED PHISICAL ACTIVITY)

Allenare le capacità motorie residue di Massimiliano Gollin analizza un argomento molto interessante per le scienze motorie, ossia l’attività fisica adattata. Vediamo insieme di cosa si tratta.

GLI OBIETTIVI DELL’ATTIVITÀ FISICA ADATTATA

 

L’attività fisica adattata (APA, Adapted Physical Activity) ha come obiettivo ritardare l’invecchiamento biologico in situazioni di handicap, migliorare le capacità motorie residue e diminuire la velocità di regressione.

 

Negli ultimi anni sui campi di allenamento agonistico e amatoriale nel mondo delle special population, sono state studiate nuove metodologie per gli operatori che si occupano di attività motoria. Lo scopo del fitness in questo caso è mantenere nel tempo uno stato di efficienza fisico-funzionale corretta per controllare i disagi neuromuscolari progressivi.

 

Per quanto riguarda l’attività agonistica, olimpica e paralimpica, adattare il training significa modificare l’allenamento in base al potenziale motorio massimale dell’individuo. Nell’ambito cronico-degenerativo l’esercizio fisico adattato mira a mantenere le abilità motorie residue ancora disponibili e migliorare l’equilibrio, la flessibilità e la forza per aumentare la qualità della vita del soggetto.

 

LE NORME PER L’ATTUAZIONE DELL’ESERCIZIO MOTORIO ADATTATO

 

Di seguito sono elencate le regole utili per ottenere linee guida a cui attenersi in

determinati contesti di APA.

 

La norma della gradualità

 

È il fondamento di un qualsiasi processo di incremento dell’efficienza fisica. A maggior ragione nell’APA, la gradualità diventa fondamentale per evitare che si verifichi il drop out. Questa norma mette in evidenza come qualsiasi esercizio debba partire da un livello propedeutico per poi incrementare nel tempo la sua difficoltà, indipendentemente che sia di coordinazione fine o grosso-motoria. La sua attivazione poggia sulla teoria dell’adattamento di Hans Selye, la quale mette in evidenza come la struttura muscolo articolare e bioenergetica necessiti di un tempo di recupero dopo uno stimolo allenante.

 

La norma della linearità

 

Si riferisce all’evoluzione dell’esercizio sia in termini di quantità che di intensità.

L’esercizio non deve regredire nella successione delle sedute di attività motoria ma deve portare a una migliore funzionalità dell’apparato osteo-artro-muscolare per sommatoria di effetti allenanti.

 

La norma della diversificazione

 

Questa norma prevede che un esercizio possa essere scelto a seconda del tipo di patologia o danno osteo-artro-muscolare mediante una diversificazione estensiva o intensiva. La prima mette in evidenza come tutto possa diventare esercizio motorio adattato: ad esempio, battere sulla tastiera di un computer, mimare il gesto della bevuta alternando i due arti superiori e altre gestualità quotidiane ripetute fino a percepire la sensazione di fatica. In questo caso, se l’esercizio viene variato continuamente, avremo la possibilità di informare in modo notevole il sistema nervoso centrale; da qui una risultante di efficacia del trattamento motorio con un generale vantaggio. Nel secondo caso, ovvero mediante una diversificazione intensiva, si propone un protocollo di esercizi dove la variazione è ottenuta dalla modifica del numero delle serie o delle ripetizioni. In entrambi i casi la valutazione funzionale dei risultati tramite test ripetibili ci permette di comprendere l’andamento dell’efficienza organica dell’individuo.

 

La norma della modulazione

 

Modulare un esercizio significa variare i gradi di intensità in relazione a una stima del massimo potenziale motorio posseduto dal soggetto in quel particolare periodo. Per le patologie croniche degenerative l’esercizio deve variare secondo una periodicità ultradiana e settimanale in relazione alla sensazione di fatica. Lo stesso esercizio può essere modulato con differenti carichi in base alla frequenza dell’esercizio proposto.

 

La norma della personalizzazione

 

L’esercizio motorio adattato è unico, irripetibile e individuale, ed è costruito su misura con il giusto protocollo che mira al massimo rendimento funzionale del soggetto. È un lavoro specifico e calibrato sulle potenzialità residue e sulle sensibilità emotive ancora a disposizione da parte dell’individuo. Individualizzare significa rendere personale il processo di recupero dell’efficienza motoria o il processo di contenimento della sua regressione.

 

ATTIVITÀ FISICA ADATTATA E VARIABILITÀ DEL SOGGETTO

 

Ogni unità motoria è un patrimonio inestimabile che, per quanto possibile, va esercitato in modo ripetuto e continuo durante tutto l’anno. Per questo è necessario ipotizzare un modello con una sequenza di esercizi adattati che parta dalla quotidianità e arrivi all’agonismo. Ad esempio, gesti motori quotidiani come alzarsi e sedersi su una sedia, distendersi nel letto o salire su una macchina, sono esercizi che possiamo intendere come adattati, e i medesimi gesti possono essere trasferiti in una disciplina sportiva agonistica. Un esercizio apparentemente non codificato potrebbe essere ritenuto non adeguato, come ad esempio alzarsi ripetutamente da una sedia durante una giornata; tuttavia, con un numero di volte superiore alla normalità, potrebbe trasformarsi in un ottimo esercizio motorio adattato.

 

Per quanto riguarda gli strumenti a disposizione, l’utilizzo di alcuni attrezzi non convenzionali come ad esempio delle bottigliette d’acqua, è un sussidio utile al disabile. La carrozzina, a questo proposito, può essere utilizzata come un vero e proprio attrezzo ginnico. 

In questo contesto si richiama anche il proficuo uso degli elastici.

 

Anche l’equilibrio è una qualità fisica fondamentale quotidiana ed è un fattore importante da stimolare più volte durante il corso della giornata. Il suo mantenimento

con busto eretto è determinante per chi fa utilizzo della carrozzina. In generale, possiamo dire che l’equilibrio mantenuto in posizione seduta migliora la qualità della vita in termini di autostima, propriocezione ed efficienza motoria.

 

Le linee guida del modello dell’APA prevedono un tipo di protocollo adattato alla quotidianità. Esse sono trasferibili ad altre persone con lo stesso tipo di patologia o disabilità, senza il bisogno di apportare modifiche troppo specifiche. Ciononostante, è bene ricordare che ogni pratica di esercizi va affrontata e redatta sempre in base alle capacità motorie residue dell’individuo. Grazie all’anamnesi eseguita dall’operatore si può redigere una programmazione idonea, senza tralasciare l’importanza della capacità di relazionarsi con il soggetto in modo empatico.

 

Le figure di riferimento

 

Tra gli operatori del settore ci sono tante figure che partecipano a migliorare la qualità

della vita dei soggetti. Naturalmente è necessario che queste professionalità collaborino

tra loro per tale obiettivo. Le figure principali in ordine di funzionalità sono:

 

  1. Il medico, figura specializzata di riferimento a seconda del problema: neurologo, ortopedico, fisiatra, ecc.

 

  1. Il dietologo, il quale deve promuovere una corretta alimentazione per evitare un eccesso di massa adiposa e di peso corporeo, il quale diventa uno stato problematico sia in una posizione eretta precaria sia nell’utilizzo di uno strumento come la carrozzina.

 

  1. Lo psicologo, il quale a seconda del tipo di disciplina motoria o di evento acuto che abbia generato la disabilità, è propositivo per l’incremento dell’autostima dell’individuo.

 

  1. Il dottore in scienze motorie, figura specializzata nell’esercizio motorio e nella valutazione funzionale della sua efficacia, in grado di preparare un adeguato piano personalizzato di mantenimento o di miglioramento. È sottinteso che per studiare e realizzare un giusto protocollo di allenamento è necessario avere piena coscienza di una serie di concetti fondamentali, tra i quali evidenziamo:

 

  • I metabolismi energetici

 

  • La conoscenza dell’anatomia funzionale

 

  • Le metodiche di allenamento adattato

 

  • Lo studio dei tempi di recupero (in base al tipo di patologia)

 

  • La continua motivazione da parte dell’operatore

 

IL CARICO O VOLUME DI ESERCIZIO ADATTATO

 

L’attività fisica adattata fa riferimento al carico di lavoro o volume di allenamento, cioè la quantità del numero degli esercizi e delle ripetizioni da far svolgere al soggetto. Il carico si accumula all’interno della sessione di training giornaliera oppure all’interno di un periodo specifico previsto preliminarmente.

 

La quantità e l’intensità dell’allenamento adattato

 

Il volume, o quantità dell’allenamento, indica la durata di determinati esercizi codificata in secondi o minuti. L’intensità delle esercitazioni è sempre rapportata a massimo potenziale motorio residuo dell’individuo, in relazione ai traumi acuti o cronici. Nell’allenamento adattato è importante considerare il massimale del soggetto, per determinare la giusta quantità e intensità. È stato dimostrato che un’attività di bassa intensità protratta nel tempo ha un’efficacia antinfiammatoria e preventiva, perciò nelle attività motorie per le special population gli esercizi non dovrebbero mai essere portati all’esaurimento.

 

La densità del carico

 

È il rapporto tra la durata di un esercizio effettuato e il suo tempo di recupero. Controllare che i tempi di recupero siano uguali alla durata dell’esecuzione dell’esercizio determina la possibilità di modulare in modo semplice, ma preciso, gli effetti dell’esercizio stesso.

 

La stimolazione monofattoriale

 

La stimolazione monofattoriale mette in risalto la specializzazione di un determinato atto motorio il quale, se organizzato nei giusti tempi, metodi, quantità, intensità e tempi di recupero, porta a una risposta adattiva specifica che di conseguenza non è trasferibile ad altri apparati. Un operato di questo tipo si sposa con l’attività agonistica, la quale richiede una specializzazione specifica rapportata a un determinato modello di gara.

 

La stimolazione multifattoriale

 

La stimolazione multifattoriale è efficace in quelle situazioni spesso cronico-degenerative in cui diventa complesso attivare in modo specifico una determinata funzione neuromuscolare. A tal fine, ragionando sul fatto che la variazione genera comunque un’informazione sul corpo, è possibile effettuare differenti esercizi nella medesima unità di allenamento e valutare se un incremento dell’efficienza fisica è determinato da una specificazione motoria. Sarà quindi possibile comprendere se quel tipo di esercizi congiunti siano in grado di stimolare l’apparato neuromuscolare modificato da una degenerazione patologica.

 

LA PROGETTAZIONE DEL TRATTAMENTO MOTORIO E IL SUO MONITORAGGIO

 

Al fine di progettare un trattamento motorio occorre tenere in considerazione i bisogni soggettivi dell’utenza e organizzare i tempi e i metodi necessari per raggiungere l’obiettivo mirato. I soggetti con malattie cronico-degenerative, neuromuscolari, metaboliche e circadiane, possono infatti richiedere tempistiche diversificate e individuali. All’interno di una programmazione è necessario dunque campionare a breve, medio e lungo termine l’evoluzione dell’andamento delle capacità motorie residue stimolate tramite l’esercizio motorio adattato.

 

Il monitoraggio a lungo termine

 

Il processo di adattamento è una modificazione stabile mio-plastica della struttura muscolo-scheletrica dove avviene una riorganizzazione coordinativa grosso e fine-motoria. I protocolli di esercizio devono essere costantemente monitorati con il fine di verificare se il progetto realizzato sia congeniale all’obiettivo mirato. Tale fenomeno deve essere prolungato per almeno due mesi con continuità, tempo necessario a instaurare modifiche stabili dell’efficienza fisica.

 

Il monitoraggio a medio termine

 

Per medio termine si prende in considerazione una modificazione mio-plastica che avviene in un minimo periodo di circa 4-5 settimane. È possibile campionare il trend motorio in relazione al lavoro muscolo-articolare tramite test specifici funzionali e tramite la percezione della sensazione di fatica e benessere per mezzo di una scala VAS. Il soggetto in questo caso si trova in una fase intermedia tra l’aggiustamento e l’adattamento, momento cruciale per apportare eventuali modifiche ai protocolli di lavoro proposti.

 

La scala VAS è uno strumento utilizzato per la misurazione delle caratteristiche soggettive riguardanti il dolore percepito dal paziente in un determinato momento, con il fine di eseguire un certo tipo di trattamento nel modo più adeguato.

 

 

 

 

Il monitoraggio a breve termine

 

Per breve termine intendiamo variazioni immediate, codificate anche come aggiustamenti, che si esprimono durante il trattamento motorio e nella quotidianità della giornata. La possibilità è quella di percepire se l’intensità del lavoro è troppo elevata o flebile, ovvero se è capace di offendere la struttura mio-tendinea dell’individuo oppure, al contrario, di non sollecitarla affatto.

 

Ecco qui di seguito un esempio pratico di serie di esercizi:

Esercizi/Carico

 

Qol da 0 a 10

Circonduzioni spalle 1 serie da 0 a 20

Flessori mano 1 serie da 0 a 20

Alzarsi ogni 45’ 1 serie da 0 a 20

Scale laboratorio (1 rampa = 9 scalini) 1 = 50 punti

Giri in carrozzina (m) Metri

Stacco (carrozzina) N°

Piegamenti Kettlebell 1 serie da 0 a 20 kg

Piegamenti gambe 90° N°

Calf 1 serie da 0 a 20

Stretching quadricipiti / polpacci 1 serie da 0 a 20

Stretching adduttori (la sera a letto) 1 serie da 0 a 20

Equilibrio monopodalico 1 serie da 0 a 20

Piegamenti sedia (chest press) 1 serie da 0 a 20

Shoulder press manubri 1 serie da 0 a 20 kg

Curl manubri 1 serie da 0 a 20 kg

Isometria gamba 90° (1ʹ x serie) 1 serie da 0 a 20

Camminate (m) Metri

Incrocio delle gambe da supino 1 serie da 0 a 20

Crunch 1 serie da 0 a 20

 

Per altri approfondimenti a riguardo, consultare il manuale Allenare le capacità motorie residue.

Allenare le capacità motorie residue