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Il consumo di ossigeno nel ciclismo

Il consumo di ossigeno nel ciclismo

prestazioni aerobiche

Uno degli elementi più discussi e più frequentemente oggetto di ricerca nella letteratura che si occupa di prestazioni atletiche di resistenza è il consumo d’ossigeno. Se un individuo riesce a effettuare un lavoro aerobico e avvalersi di processi aerobici per produrre lavoro meccanico, è probabile che si affatichi più lentamente rispetto a quando compie un lavoro anaerobico, vale a dire in assenza di ossigeno. In questo articolo, tratto da Performance Ciclistica, vedremo insieme:

  • Il consumo di ossigeno durante l'attività fisica;
  • Variabili incidenti sulla distribuzione di ossigeno.

Il consumo di ossigeno durante l'attività fisica

Generalmente esiste una tendenza a produrre energia attraverso processi anaerobici nel momento in cui un atleta si avvicina al proprio limite superiore di consumo d’ossigeno (tipicamente oltre l’85% del VO2max). La disponibilità di energia proveniente da meccanismi anaerobici non è però sostenibile nel tempo. Ne deriva che durante eventi di resistenza si possa incorrere in un affaticamento prematuro se un individuo pedala a regimi troppo vicini al proprio VO2max

Il massimo consumo d’ossigeno è fortemente influenzato dalle potenzialità cardiovascolari di un individuo, in particolare dalla gittata cardiaca, che è stata tradizionalmente considerata il principale fattore di contributo per una prestazione atletica di resistenza di successo e, ovviamente, il ciclismo di resistenza non fa eccezione. Nonostante la massima frequenza cardiaca sia simile e uniforme in tutte le categorie di ciclisti, i corridori d’élite sono soliti avere maggiori dimensioni cardiache funzionali rispetto ai ciclisti di categoria inferiore; hanno cioè un più alto volume sistolico. Questo incrementa la capacità di rilasciare nutrienti essenziali, di rimuovere i prodotti di scarto del metabolismo ed effettuare la termoregolazione. 

Si è osservato che durante un esercizio incrementale il volume sistolico del cuore inizialmente aumenti per poi stabilizzarsi a un’intensità di esercizio media di circa 50% del VO2max... Si tratta di un’intensità di esercizio relativamente bassa, che può essere sostenuta per intervalli di tempo significativamente prolungati. Stimolare e sovraccaricare la capacità cardiaca atletica è essenziale per l’adattamento e il miglioramento della performance atletica. 

Variabili incidenti sul trasporto di ossigeno

La capacità del sangue di trasportare ossigeno (concentrazione di emoglobina) è un altro parametro spesso oggetto di ricerca ed è stato dimostrato (attraverso la manipolazione) che ha un’influenza sulla VO2max e, nel nostro caso specifico, sulle prestazioni nelle gare ciclistiche su strada. Infine, se l’atleta può concentrare una maggiore quantità di ossigeno nella fibra muscolare, la probabilità che vengano impiegate fonti di energia anaerobiche diminuisce. Fa eccezione il caso in cui la fibra muscolare lavora già a pieno potenziale aerobico e non è perciò in grado di consumare altro ossigeno. Questo avviene con maggiori probabilità in fibre muscolari con un’elevata capacità anaerobica e un basso potenziale aerobico, quali per esempio le fibre muscolari bianche a contrazione rapida (tipo IIb). 

La rete capillare assume un ruolo chiave per il trasporto di ossigeno alle fibre muscolari, essendo in grado di determinarne la quantità disponibile. In teoria, un’alta densità capillare diminuisce il tempo di distribuzione dei nutrienti (ossigeno, glucosio, etc.) e riduce il tempo necessario a rimuovere i prodotti di scarto del metabolismo (ossido di carbonio, lattato, etc.).  La struttura capillare muscolare di ciclisti con un buon livello di allenamento è stata oggetto di studio di alcuni ricercatori, i quali hanno indicato che una densità capillare potenziata (vale a dire maggiori percorsi attraverso cui il sangue può passare per i muscoli attivi) può essere determinante per la capacità di sopportare frazioni più elevate di massima capacità aerobica per un lungo periodo.