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INFORTUNI NEL CICLISMO: COSA FARE?

INFORTUNI NEL CICLISMO: COSA FARE?

Il libro Bike set-up di Phil Burt, oltre a introdurre le basi del ciclismo e mostrare il settaggio della bici, delinea i problemi più comuni che possono sorgere affrontando questa disciplina. Andiamo ad analizzarne alcuni insieme.

 

C’è un’evidente mancanza di studi sugli infortuni nel ciclismo, dovuta in parte al fatto che non è possibile analizzarli con un approccio causa-effetto, perché non è etico pro­grammare un infortunio.

Il quadro risulta ancora più complicato perché i ciclisti professionisti e amatoriali tendono a sof­frire di problemi diversi. Lo studio di Clarsen et al. (2010), basato su un questionario distribuito a 116 ciclisti professionisti, ha evidenziato una tendenza simile a quella che avevo riscontra­to nell’indagine condotta al British Cycling: gli infortuni più frequenti nei ciclisti interessano il ginocchio, la zona lombare e il collo, in quest’or­dine. Nel gruppo dei ciclisti di endurance questi infortuni raramente tengono un professionista lontano dalle gare o dall’allenamento, ma richie­dono comunque molte attenzioni mediche, ed è analizzando questi trattamenti che altri studi hanno identificato il livello a cui il ciclismo di endurance sovraccarica certe parti del corpo.

 

LAVORO A TERRA

 

In generale, credo sia giusto semplificare il più possibile il lavoro che i corridori devono fare quando non sono in sella. Spesso non hanno tempo di fare gli esercizi, e anche quando que­sti vengono prescritti, la maggior parte delle persone non li esegue abbastanza bene o con una frequenza tale da evitare che l’infortunio si ripresenti. Triste, ma vero. Spesso i ciclisti non hanno tempo per gli esercizi di “prea­bilitazione” (volti cioè alla prevenzione degli infortuni), e tutti gli studi rivelano che sono molto poche le persone che si attengono alle routine di esercizi pensate per eliminare o evi­tare le cause del ripresentarsi di un infortunio.

Vi dirò, quindi, cosa faccio con i professio­nisti. Correggo gli squilibri posturali dovuti alla necessità di pedalare in una determinata posizione per ore e ore, lavorando nella dire­zione opposta. Ad esempio, trattare l’accorcia­mento del gruppo dei flessori dell’anca con lo stretching passivo va bene, ma lo stretching

attivo è meglio. Un Bulgarian squat, eseguito usando i muscoli diret­tamente opposti ai flessori dell’anca (ovvero i glutei) per attivare l’allungamento lungo un range di movimento non utilizzato nel cicli­smo, è davvero utile per ristabilire l’equilibrio di tutta la regione pelvica e lombare.


PIEDE/CAVIGLIA

 

I piedi e le caviglie hanno il compito di tra­smettere la forza generata dalle gambe ai pe­dali. A differenza della corsa e della cammina­ta, non c’è contatto del tallone con il suolo e nemmeno un sollevamento delle dita da terra, per cui non ha senso parlare di “ciclo del pas­so”. I ciclisti soffrono raramente dei disturbi, dolori e infortuni associati alla corsa, poiché nel ciclismo non sono coinvolte le forze che interessano l’atterraggio ripetuto e non ven­gono scaricati multipli del peso corporeo sul piede. Tuttavia, possono sorgere problemi di natura diversa, di solito meno gravi.

“PIEDE CALDO”

 

I ciclisti si lamentano spesso di fenomeni come il “piede caldo” (dolore alla pianta), l’intorpidi­mento e il formicolio. La causa più comune di questi problemi – e quindi la prima cosa da controllare – sono le scarpe. Mentre pedalate, i piedi tendono a gonfiarsi leggermente, e più pedalate, più si gonfiano. Se le vostre scarpe sono troppo piccole o allacciate troppo strette, il piede non sa come espandersi. Questo compri­me i nervi e i vasi sanguigni, portando a intorpi­dimento temporaneo e formicolio. Potreste aver sperimentato la stessa sensazione dopo esservi addormentati su un braccio o su una gamba.

Se soffrite di piede caldo, intorpidimento o formicolio, controllate il numero delle scarpe. Stare in piedi sulle scarpe slacciate dovrebbe essere confortevole e non dovreste sentire pressione sulle dita. Con le scarpe allacciate dovreste stare comunque comodi, ma quando sollevate il tallone, questo dovrebbe rimanere all’interno della scarpa (ossia, la scarpa do­vrebbe salire insieme al tallone).

Provate ad allacciarvi le scarpe in modi diversi. I piedi hanno forme differenti, anche se il nu­mero di scarpa è lo stesso. Quindi una persona può avere bisogno di stringere di più intorno alla parte inferiore del piede rispetto alla parte anteriore, e viceversa. Provate diverse allaccia­ture se credete che il numero sia quello giusto. A volte il problema non è il numero, ma la forma. È logico che piedi di forme diverse si trovino meglio in scarpe dalle forme diverse.

 

Il toe box, ovvero la parte anteriore della scar­pa in cui alloggiano le dita, è molto spazioso in una scarpa Specialized, ma è più ridotto in una Sidi, che ha uno stile più piatto e largo.

Più raramente, l’intorpidimento e il formicolio possono essere causati da un sistema nervoso sottoposto a stress o compressione eccessivi. Nella maggior parte dei casi, questo si verifica nei corridori la cui sella è troppo alta, che sono quindi costretti a iperestendere la gamba a livello del ginocchio. Questo può allungare un sistema neurale rigido e dare origine ai sinto­mi descritti. Tuttavia, viene associato spesso al dolore ai muscoli posteriori della coscia.

CRAMPI

 

Se sperimentate qualsiasi tipo di crampo, con­siderate che nella maggior parte dei casi la causa principale è legata al livello di assunzione di liquidi. Tuttavia, i crampi ai piedi mentre pedalate possono essere causati da scarpe del numero sbagliato. Se sono troppo piccole, i muscoli del piede non si possono allungare. Se sono troppo larghe, le dita tendono a flettersi di continuo, per cercare una posizione stabile all’interno della scarpa. Il dolore all’arcata plan­tare a livello del mesopiede spesso è legato alla conformazione individuale del piede. Alcune persone hanno il piede cavo, mentre altre han­no i piedi piatti. Queste ultime tendono a iper­pronare (schiacciare l’arcata plantare), cosa che può causare fastidi se il piede non è sostenuto dalla forma della parte interna della scarpa o della suola. Per alcune scarpe da ciclismo viene prodotta una vasta gamma di solette e ortesi che possono aiutare a risolvere il problema. Se invece persiste, rivolgetevi a un podologo.

 

DOLORE ALLA PARTE ESTERNA DEL PIEDE

 

Una scarpa troppo stretta spesso causerà do­lore intorno alla quinta testa metatarsale (la sporgenza ossea del dito mignolo). Ho nota­to un aumento nel numero dei corridori che soffrivano di questo problema con l’avvento delle scarpe in carbonio, in cui le suole di que­sto materiale circondano e rivestono la parte esterna del piede. Il carbonio è così rigido che bisogna personalizzare l’assetto per evitare problemi, ma ho visto anche costose versioni fatte su misura finire nel cestino.

Un’altra causa del dolore alla parte esterna del piede è quella che alcuni chiamano “cascata”.

 

Questo fenomeno, che si verifica quando il piede cade verso la parte esterna del pedale, dipende dal fatto che la tacchetta è stata posi­zionata troppo all’interno rispetto alla scarpa. Ciò significa che viene scaricata troppa pres­sione sulla parte esterna della scarpa, cosa che avviene normalmente quando i corridori sono pesanti e/o potenti, perché con il tempo il materiale della scarpa si danneggia e diventa morbido, rendendo possibile la cascata o la caduta verso l’esterno. Per risolvere il proble­ma, bisogna agire sulla causa del posiziona­mento verso l’interno della tacchetta. Questo può dipendere dalla necessità di alcuni corri­dori di allontanare il piede dal braccio della pedivella perché hanno problemi con l’am­piezza della posizione, ad esempio se hanno i piedi a papera e urtano i foderi posteriori quando il tallone cade verso l’interno, oppure se utilizzano pedali con fattori Q limitati (ossia con assi dei pedali corti) o se hanno il bacino largo. È facile trattare il fenomeno della casca­ta aumentando l’ampiezza della posizione del corridore usando assi dei pedali più lunghi o distanziali.

TALLONE E TENDINE DI ACHILLE

 

Il dolore alla parte posteriore del tallone o al tendine di Achille può essere veramente proble­matico per un ciclista. Le cause principali sono le scarpe, la tecnica di pedalata e l’altezza della sella.

Il modo in cui una scarpa avvolge il tallone varia enormemente. Se è troppo alta può sfre­gare sul tendine di Achille e causare dolore nel momento in cui il tallone si solleva e si riabbassa. Se è troppo bassa, sfregherà sul cal­cagno. Alcuni produttori stanno aggiungendo materiale apposito al guscio del tallone per evitare che questo si sollevi.

Le scarpe dovrebbero anche essere adatte al vostro stile di pedalata. Se pedalate con i tal­loni verso il basso, passare a una scarpa con una differenza di altezza inferiore tra il tallone e la punta porterà a una posizione del tallone ancora più bassa al BDC.

Il dolore al tallone e al tendine di Achille può essere causato anche da un’altezza sbagliata della sella. Se questa è troppo ridotta, può indurre il corridore a pedalare con i talloni molto abbassati, mentre una sella troppo alta porterà il ciclista ad allungare il piede per non perdere il contatto con il pedale.

Se non ci siete abituati, potreste sviluppare problemi al tendine di Achille quando pedala­te a lungo in salita. In questi casi, si tende ad adottare una seduta spostata all’indietro, con le gambe estese, e uno stile di pedalata con i tallo­ni rivolti verso il basso per risparmiare energia, stressando maggiormente il tendine di Achille. La squadra olimpica britannica di velocisti, che di rado corre per più di 90 minuti alla volta, ha avuto questi problemi quando è andata ad allenarsi al camp di endurance a Maiorca.

I problemi al tendine di Achille possono per­sistere anche dopo aver risolto la causa sca­tenante. Una soluzione semplice che funziona spesso è spostare le tacchette più indietro. Questo riduce il carico sul tendine accorcian­do il braccio di leva del piede sul pedale.

 

INCLINAZIONE DEL PIEDE/TACCHETTA

 

Dato che si tratta di uno dei maggiori punti di contatto tra la bicicletta e il corridore, l’intera­zione tra il piede e il pedale e il suo assetto so­no molto importanti. In tempi recenti c’è stato un notevole aumento nell’offerta di prodotti disponibili che consentono di regolare questo fattore, ed è facile capire il perché. La natura ripetitiva del ciclismo implica che se questo assetto è sbagliato, ad esempio a causa del­la biomeccanica anomala del piede, potreste essere predisposti a infortuni da sovraccarico a livello di caviglia, ginocchio o anca, ovvero della catena cinetica. Questa catena viene in­fluenzata dalle forze che si sviluppano a livello del piede; da qui l’importanza di questo punto di contatto nel settaggio della bici. Tuttavia, la valutazione e la prescrizione di interventi correttivi alla catena cinetica sono argomenti controversi, per la loro natura medica e per i danni che potrebbero provocare se fossero inappropriati.

 

Biomeccanica del piede

 

Il piede è di gran lunga la struttura più stupefacente del corpo. Mentre camminiamo si trasforma in pochi mil­lisecondi da una struttura morbida ed elastica che può adattarsi a qualsiasi superficie, a una leva rigida che ci spinge in avanti. Tra queste due funzioni distinte il piede umano passa attraverso un meccanismo di pronazione e supinazione.

Il podologo del British Cycling e l’autore hanno ideato un metodo semplice per valutare un pie­de anormale, così da poter lavorare insieme per risolverne i problemi. Con il termine “anormale” di solito ci si riferisce a un’eccessiva rigidità o flessibilità. Il piede normale in carico prona di poco, mentre un piede troppo flessibile va in iperpronazione e questo è visibile dall’arcata plantare piatta. Un piede troppo rigido in carico non prona molto o per niente e mantiene un’ar­cata plantare visibilmente cava, o supinata.

A causa della natura complessa del piede, gli interventi in questa zona sono stati lasciati alla comunità medica e agli specialisti. Nel ciclismo, tuttavia, il piede deve agire solo da leva rigida, le dita si sollevano, ma il tallone non appoggia a terra. Questo rende in qual­che modo più facile prendersi cura del piede del ciclista, perché non si deve trovare quel compromesso tra flessibilità e rigidità richie­sto dall’azione del camminare.

Esistono due interventi di base per correggere il piede del ciclista: ortesi interne o spessori esterni. Le ortesi interne sono solette sago­mate che possono essere universali o fatte su misura. Gli spessori esterni funzionano appli­candoli tra la tacchetta e la scarpa per inclinare tutta la scarpa o verso l’interno (in valgo) o verso l’esterno (in varo). La mania degli spes­sori scoppiò quando si scoprì che era possi­bile correggere la meccanica del piede nella corsa a livello dell’avampiede e supportare la sua funzione di leva rigida. In effetti molti diffusero l’idea che la correzione tradizionale a livello della parte mediale e posteriore del piede fosse inutile, dato che era l’avampiede il punto di contatto del corpo con il pedale.

Inclinare tutta la scarpa ha un effetto molto più potente rispetto al supportare semplicemen­te l’arcata plantare all’interno. Questo si riper­cuote su tutta la catena cinetica attraverso gli arti inferiori: anca, ginocchio e caviglia. Molti esperti hanno sottolineato l’effetto correttivo degli spessori sulla catena cinetica (ad esem­pio, sullo scorrimento frontale del ginocchio, che diventa più lineare). Tuttavia, esistono po­che prove a supporto di questo e invece ce ne sono molte altre che indicano che possa fare più danno che bene (Ruby et al. 1992).

C’è una convinzione molto diffusa nel cicli­smo, ma anche esagerata, secondo cui l’80 per cento della popolazione avrebbe l’avampie­de varo e quindi dovrebbe usare gli spessori per migliorare l’interazione con il pedale ed eliminare la pronazione eccessiva. Secondo la mia esperienza, questo è semplicemente sbagliato, e ci porta al nocciolo della questio­ne. Capire se l’avampiede è varo o valgo e conoscerne la biomeccanica è molto difficile, ecco perché vengono registrati così tanti casi di avampiede varo tra i ciclisti.

 

Secondo l’autore, non si dovrebbe cercare di inclina­re o aggiungere dei cunei alle scarpe a meno che non ci sia una ragione valida per farlo (come un infortunio da sovraccarico o una biomeccanica anormale), oppure a meno che il corridore non utilizzi già ortesi inclinate nella vita quotidiana.

La regola più semplice da seguire è questa: cercate di supportare l’allineamento del piede a carico naturale, consentendogli di appog­giarsi come vuole. Non provate a correggere la meccanica del piede senza tenere conto della vostra struttura meccanica normale, a meno che non possiate affidarvi a una perso­na adeguatamente qualificata.

Abbiamo esaminato insieme alcuni degli infortuni tipici del ciclismo, se volete conoscerne altri, andate a leggere Bike set-up.

Bike set-up