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LA STORIA DEL PILATES

LA STORIA DEL PILATES

LA STORIA DEL PILATES

La storia di Joseph Pilates è una fonte di ispirazione. Dopo aver sofferto nel corso dell’in­fanzia di gravi malattie, si reinventò come guru della salute, attraversò l’Atlantico per evitare di lavorare per un regime politico di cui diffidava e aprì uno studio a New York in cui insegnò il metodo che egli chiamò Contrologia, ma che noi chiamiamo Pilates.

Joseph Hubertus Pilates nacque nel 1883 a Dusseldorf, un importante porto sul Reno che si stava velocemente tra­sformando nel centro industriale del nord-ovest della Ger­mania. Da bambino, soffrì di una miriade di disturbi che distorsero il suo corpo, fermandone la crescita: si racconta che abbia sofferto di rachitismo, febbre reumatica e asma e si temeva che potesse essere soggetto alla tubercolosi, che era causa di un alto tasso di mortalità in quell’epoca pre-antibiotica.

 

I centri termali erano sempre più popolari nella Germa­nia della fine del XIX secolo e si riteneva che l’aria fresca e molto allenamento potessero prevenire e curare le ma­lattie. Pilates era bambino quando si iniziò a promuovere un metodo detto Gymnastik per imparare a controllare il corpo e migliorare forza, resistenza e coordinazione. Il me­todo veniva insegnato in alcune scuole tedesche.

 

Pilates era attratto dall’idea di “curarsi” con l’esercizio e lavorò intensamente per sviluppare il proprio fisico, correg­gendo la curvatura delle gambe e della colonna causata dalla malattia. All’età di 14 anni, sviluppò dei muscoli così ben de­finiti che venne invitato a fare da modello per uno schema anatomico.

 

Oltre alla ginnastica, Pilates amava le immersioni e lo sci. Sui 18 anni, iniziò pugilato e l’allenamento di autodi­fesa. Più che ventenne, lavorò in Germania come pugile professionista e istruttore di autodifesa e, trasferitosi in In­ghilterra nel 1912, aggiunse alla lista delle sue abilità l’arte circense. Lavorò per Scotland Yard, allenando gli agenti in autodifesa e, allo stesso tempo, allenò il pugile Max Schme­ling. Dedicò quegli anni e la sua intera vita alla forma fisica.

  

 



La prima guerra mondiale (1914-18)

 

Quando iniziò la prima guerra mondiale nel 1914, Pilates venne internato come nemico straniero prima a Lancaster e poi, verso la fine della guerra, nell’Isola di Man. Mentre si trovava in quei campi, sviluppò le sue idee sulla salute e la forma fisica e incoraggiò gli altri internati a seguire il suo sistema. Sull’Isola di Man, lavorò in un ospedale per soldati feriti. Fu lì che inventò un metodo di allenamento che prevedeva l’uso di molle attaccate alle estremità del letto, che permetteva ai pazienti di recuperare la tonicità muscolare senza compromettere le aree ferite.

 

Tra il 1918 e il 1919 una pandemia influenzale flagellò l’Europa, uccidendo 20 milioni di persone, più del doppio dei morti della prima guerra mondiale.

È interessante notare che nessuno dei pazienti con cui Pilates aveva lavorato venne colpito dall’infezione, seb­bene fossero feriti e avrebbero dovuto essere perciò più vulnerabili. Molti attribuirono la loro sopravvivenza al pro­gramma di allenamento che avevano seguito.

 

Gli anni del dopoguerra

 

Dopo la guerra, Pilates ritornò in Germania, dove conobbe Rudolph von Laban, famoso per aver creato la modalità più famosa di notazione della danza, la Notazione Laban. Si trattò del primo contatto ravvicinato di Pilates con il mon­do della danza ed egli si rese conto che la collaborazione con questo mondo poteva essere fruttifera: per i ballerini era importante che il corpo si muovesse in modo preciso quando sottoposto a grande stress ed erano costantemen­te a rischio di infortunio, rischio che Pilates poteva inse­gnare loro a prevenire o curare.

 

Era il momento giusto per i metodi di Pilates. Nel 1925, venne trasmesso un film sulla Gymnastik di Per Henri Ling e vennero aperte de­cine di centri sportivi in tutta la Germania. La fama di Pi­lates si diffuse e ottenne un contratto per allenare la poli­zia. Nel 1926 venne invitato dal Kaiser a diventare allena­tore per le truppe d’élite dell’esercito tedesco; ma Pilates, pacifista di natura, non gradì questo ruolo. A quell’epoca, molti tedeschi fuggivano dal paese, spinti dall’atmosfera militaristica ormai diffusa. Il pugile Max Schmelling, vec­chio cliente di Pilates, si stava per trasferire a New York e il suo manager propose a Pilates di lavorare in uno studio in città se li avesse seguiti e avesse continuato ad allenare Max. Pilates accettò e all’età di 42 anni si preparò a inizia­re una nuova vita.

 

Il trasferimento in America

 

Durante il viaggio attraverso l’Atlantico, nell’aprile del 1926, la vita di Pilates cambiò di nuovo. Conobbe una gio­vane donna di nome Clara; secondo alcuni era un’infer­miera, secondo altri un’insegnante d’asilo. Si innamora­rono, si sposarono e divenne il suo braccio destro negli USA, lavorando con lui nello studio e assistendolo nella pubblicità e nelle comunicazioni.

Il manager di Schmelling trovò uno studio per Pilates al numero 939 della 8th Avenue e Pilates iniziò l’ardua impre­sa di cercare di attrarre abbastanza clienti per guadagnarsi da vivere durante la Grande depressione. Intorno a lui, le aziende andavano in bancarotta e le banche fallivano ma, in qualche modo, Pilates resistette e la sua fama si diffuse. Divenne amico dei ballerini Ted Shaun e Ruth St Denis, che avevano una loro scuola di danza, e contribuì a creare un centro di danza a Jacob’s Place, che segnò l’inizio di un forte legame con il mondo della danza. Mentre le voci sul suo lavoro si diffondevano nel mondo della danza, attrasse nuovi seguaci, tra cui Ron Fletcher, Hanya Holm, Merce Cunningham e Martha Graham.

Nel 1934 Pilates pubblicò un breve libro sui suoi metodi, chiamato Your Health (La tua salute). Il libro non contiene nessuno dei suoi esercizi ma delinea la sua teoria di vita basata sull’equilibrio tra mente e corpo. In esso, Pilates colse anche l’occasione per lamentarsi di coloro che usa­vano i suoi metodi e le sue idee senza alcuna riconoscen­za, lamentela che continuò a ripetere per tutta la sua vita.

Le imitazioni si fecero sempre più diffuse man mano che si veniva a conoscere il metodo di movimento che aveva chiamato Contrologia, i congegni a molle che aveva svi­luppato, come il Cadillac e lo Universal Reformer, e le voci sulla ripresa in tempi record di coloro che si erano rivolti a lui per una debolezza o degli infortuni.

 

 

L’arte della Contrologia

 

Forse per il timore di aiutare coloro che cercavano di ru­bare il suo metodo, Pilates pubblicò un solo libro, Return to Life Through Contrology (Ritorno alla vita attraverso la Contrologia), che fu pubblicato nel 1945. Qui, approfondi­sce i principi delineati in Your Health e fornisce una lista di 34 esercizi su tappetino che i lettori pos­sono eseguire a casa per riprendere il controllo dei loro corpi. «Idealmente, i nostri muscoli dovrebbero obbedire alla nostra volontà», scrive. «Ragionevolmente, la nostra volontà non dovrebbe essere dominata dal riflesso delle azioni dei nostri muscoli».

 

Tutt’oggi è possibile vedere alcune pellicole di Pilates mentre esegue la sequenza dei suoi 34 esercizi originali, che mostrano come il suo sistema fosse faticoso e intenso rispetto allo stile di pilates che oggi viene insegnato più frequentemente. Secondo il suo metodo, la colonna dove­va essere completamente piatta e, quando ci si stendeva, doveva essere schiacciata contro il pavimento. Inoltre, nel­la classica posizione Pilates, le ginocchia dovevano essere stese, le cosce ruotate verso l’esterno e i glutei contratti.

 

Aveva insegnato questo metodo solo a una decina di istruttori, tra cui Ron Fletcher, Carola Trier, Romana Kryz­nowski e Eve Gentry, prima di morire nel 1967. Alcuni al­lievi aprirono altrove i loro studi e io appresi il metodo da Fletcher e Trier prima di aprire il mio studio a Londra nel 1970, il primo nel Regno Unito. Clara continuò a gestire lo studio sulla 8th Avenue e a tutelare, fino alla sua morte nel 1977, le idee del marito.

 

Nel 1980, Eisen e Friedman pubblicarono il primo li­bro completo sul metodo, chiamato The Pilates Method of Physical and Mental Conditioning (Il metodo Pilates di con­dizionamento fisico e mentale). In esso vengono stabiliti i principi e spiegati gli esercizi di base sul tappetino, tra cui i 34 originali, e si presentano le origini storiche dell’allena­mento sostenuto da Joseph Pilates.

 

 

Quando Pilates non ci fu più per proteggere le sue idee, alcuni dei suoi seguaci fusero i suoi metodi con i propri, creando dei nuovi ibridi. Negli ultimi quarant’anni, diver­si sistemi di esercizi sono diventati popolari o sono andati fuori moda e si è acquisita una conoscenza molto più com­pleta del corpo umano. In particolare, oggi si sa che non è consigliabile appiattire la colonna e che è più sicuro tenere le articolazioni “morbide” piuttosto che tese. Inoltre, lo stile di vita è diventato più sedentario. In Occidente, molte più persone lavorano al computer, si usa più l’auto invece di camminare e si passano ore seduti davanti alla TV. Tutto questo fa sì che, oggi, le assenze per malattia siano spesso dovute a problemi alla schiena, poiché i muscoli si restrin­gono per la postura errata e la mancanza di movimento.

 

Non c’è dubbio che se Pilates fosse vivo oggi, continue­rebbe ad adattare gli esercizi per assimilare le conoscenze moderne e affrontare i problemi attuali, e permetterebbe di insegnare a suo nome solo a chi avesse ricevuto una for­mazione completa sui suoi metodi aggiornati.

 

Stili di pilates al giorno d’oggi

Oggi esistono diversi stili di pilates, alcuni più faticosi, altri più leggeri, e ci sono diverse varianti degli esercizi originali, così come infiniti esercizi nuovi. Fino agli anni Ottanta, prevalevano tre diversi stili: l’American West Coast, l’American East Coast e il British. Negli anni Novanta, questi nomi sono stati poi sostituiti da “in­tenso”, “soft”, e “riabilitativo”. Gli stili attuali possono essere divisi in “approccio da repertorio”, che segue gli esercizi originali di Pilates, e “pilates moderno”, più personalizzato.

 

Se volete saperne di più sul pilates, approfondite Pilates Tutor di Alan Herdman.