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IL PERCORSO DI AUTOREALIZZAZIONE

IL PERCORSO DI AUTOREALIZZAZIONE

Nel volume Vincere con la mente di Graziella Dragoni viene affrontato nello specifico un argomento che ha a che vedere più con l’aspetto psicologico nel momento in cui ci si approccia a uno sport. Vediamo di cosa si tratta.

  

IL TEMPERAMENTO E IL CARATTERE

 

Il percorso di autorealizzazione inizia fin dalla nascita, favorito da un processo intrinseco di sviluppo della natura umana e dalle sollecitazioni familiari e sociali che circondano il bambino.

 

In passato, i criteri di educazione “di moda” ponevano obiettivi tesi a formare dei bambini (e quindi delle persone) con caratteristiche precostituite e predeterminate; lungo i secoli siamo passati dalla severità e autorità con rigide regole per ogni momento e ogni età del bambino alle teorie influenzate dalla psicoanalisi che suggerivano ai genitori di non essere troppo rigidi per non creare frustrazioni, ma al contrario di rapportarsi con i figli con dolcezza e permissività. È poi seguita l’indicazione di non concedere sempre tutto ai bambini, per giungere a un equilibrio fra imporre severità e offrire comprensione e disponibilità, fra frustrazione e gratificazione.

 

In realtà, la spinta all’autorealizzazione è talmente forte che, al di là dei metodi educativi e del dosaggio di gratificazioni e frustrazioni, ogni individuo ricerca un completo sviluppo delle proprie potenzialità: egli deve essere colui che può essere! Le differenze individuali sono riscontrabili nel temperamento, nel carattere, nei tratti della personalità. Una possibile classificazione degli individui si basa sulle caratteristiche comuni a un certo numero di soggetti e al modello ideale astratto che si ricava a partire da queste caratteristiche.

 

Dal concetto di temperamento, che sottintende una matrice fisiologica dell’indole, si è passati al concetto di carattere di connotazione psicologica. Il carattere di una persona è definito come la manifestazione permanente degli aspetti del suo comportamento (il termine deriva dal greco e significa letteralmente “incisione”) e possiamo dire che è determinato dal complesso di qualità psicologiche che tratteggiano l’indole di una persona. Rappresenta un’evoluzione rispetto al concetto di temperamento e di costituzione legati alla concezione biologica dell’individuo. Come per gli altri concetti, diverse sono state le impostazioni di studio che si sono susseguite fino a giungere a quella psicoanalitica dei freudiani, per i quali i processi di introiezione e di identificazione sono decisivi per la formazione del carattere. Anche questa impostazione si è evoluta nel tempo, chiamando in causa le richieste della società all’individuo tramite i modelli educativi.

La teoria bioenergetica

 

La teoria bioenergetica di Lowen si basa sul concetto di “armatura caratteriale” di Reich che abbina sette tipi di carattere a corrispondenti strutture corporee.

Il carattere delle persone risente delle regole sociali che mortificano le pulsioni, cristallizzandosi in espressioni rigide e modi di essere non più modificabili. Ecco quindi formarsi l’armatura muscolare, che si manifesta con posture e rigidità della muscolatura corporea.

 

Da queste premesse si sviluppa l’interesse per il tema del rapporto corpo mente; infatti, la teoria e il metodo della bioenergetica si basano sul concetto del “sé corporeo come luogo di interazione dinamica tra somatico e mentale”.

Mediante l’attenzione alla respirazione, alle sensazioni e al movimento, si favorisce il flusso dell’energia corporea utilizzando i meccanismi di carica e scarica energetica; non reprimere, ma liberare e riutilizzare l’energia per il benessere psicocorporeo in modo da formare un carattere flessibile e non prefissato.

 

TIPOLOGIE DI COMPORTAMENTO

 

È interessante rilevare i modi tipici di comportamento di una persona, le sue reazioni agli eventi, le modalità emozionali che adotta. Di fronte allo stesso problema, che sia di natura fisica, sentimentale, pratica o teorica, le persone si rapportano in modi diversi, ma mantengono nel tempo le stesse modalità di reazione individuale, presentando aspetti caratteriali abbastanza costanti.

 

Un excursus sulle varie teorie al riguardo dimostra come l’argomento

sia stato dibattuto nel tempo. Secondo il criterio somatico-costituzionale, il temperamento (dal latino temperies, “umore”) dipende dalla costituzione fisiologica e costituzionale. Per Ippocrate e Galeno l’indole dell’individuo dipende dall’umore prevalente, per cui abbiamo la classica suddivisione in quattro tipi:

  • Tipo sanguigno.
  • Tipo flemmatico.
  • Tipo collerico.
  • Tipo melanconico.

 

L’evoluzione del concetto di temperamento porta in primo piano l’atteggiamento, nel senso di disposizione relativamente costante di risposta alle situazioni in base a esperienze precedenti. La psicologia sociale distingue atteggiamenti verbali o comportamentali, permanenti o transitori, conformi o difformi dal gruppo di appartenenza.

 

 

Teorie sul temperamento

 

Sviluppi in questo filone sono dati da Kretschmer, che si basa sulle ghiandole endocrine e il metabolismo; da Sheldon, che fa derivare la tipologia dal sistema morfologico: cerebrotonico, somatotonico, viscerotonico; da Pende, che considera il difetto o l’eccesso delle ghiandole endocrine; da Rostand e Sigaud, che distinguono il tipo cerebrale, muscolare e respiratorio. Un criterio psicologico introdotto da Jung fa derivare il temperamento dagli atteggiamenti (orientati all’introversione o all’estroversione) e dalle funzioni (pensiero, sentimento, sensazione, intuizione). Il criterio fenomenologico intuitivo delle scienze e dello spirito evidenziato da Schiller distingue l’atteggiamento spontaneo e l’atteggiamento sentimentale, mentre Nietzsche distingue tra tipo apollineo e dionisiaco. Jaspers riprende lo schema di Dilthey e parla di atteggiamento oggettivo, autoriflessivo ed entusiastico, a cui corrisponde un’immagine del mondo spazio sensoriale, psichico-culturale e idealistico- libertario.

 

Sei globale o analitico?

 

Un concetto da sviluppare anche in campo sportivo è la distinzione tra tipi globali e analitici (naturalmente esistono anche i tipi misti). I soggetti “globali” tendono a una visione che procede dalla totalità al particolare, mentre gli “analitici” tendono a considerare gli aspetti particolari di una realtà e quindi alla frammentazione percettiva. Alcune prove per valutare la propria capacità di osservazione analitica sono semplici, come quello che proponiamo qui. Sei in una stanza piena di oggetti e di colori: può essere una sala d’aspetto, la camera di un amico, una cucina, il salotto.

 

Osserva ogni angolo della stanza con attenzione, poi chiudi gli occhi e ripensa agli oggetti e ai colori che ti hanno colpito. Apri gli occhi ed elenca tutti gli oggetti di colore rosso. Guarda di nuovo in giro. Quanti oggetti di colore rosso hai ricordato? Verifica quanti non ne avevi notati. Ora dai uno sguardo d’insieme. Quali colori hai notato?

Chiudi ancora gli occhi e percorri con la mente la stanza, poi riapri gli occhi, senza più guardare in giro.

Quali sono i colori predominanti? Pensaci prima di rispondere! Quanti oggetti per ogni colore? Verifica!

 

I TRATTI DI PERSONALITÀ

 

Temperamento, costituzione e carattere convergono nel concetto di personalità.

Secondo la teoria cognitivista, un tratto caratteristico della personalità è il tratto d’ansia. Eysenck ritiene che gli introversi abbiano un’attivazione corticale maggiore rispetto agli estroversi e che gli individui non dipendenti ndal campo possano essere meno soggetti a percezioni distorte e imprecise. Eysenck propone un esempio: se paragoniamo l’attenzione a un raggio di luce, gli individui con un alto tratto d’ansia hanno un raggio

di conoscenza più ristretto e anche più mobile, meno stabile rispetto a

quello di altri.

 

La personalità di un soggetto è data da una somma di comportamenti sociali, uniti alle qualità intrinseche di ogni individuo. Oltre ai tratti di carattere ereditario, registriamo quindi anche comportamenti variabili in situazioni diverse, sotto la spinta emotiva del momento.

Il concetto di personalità ci riporta all’insieme delle caratteristiche psichiche e comportamentali che determinano l’originalità di ogni individuo. Infatti, gli indicatori di personalità presentano una costanza di andamento pur nelle situazioni diverse e nella molteplicità dei casi. Vengono individuate le caratteristiche della personalità e gli eventuali disturbi, classificati in base alle varie teorie. In questa sede, interessa approfondire il concetto di personalità disturbata, e cioè di tutti i casi in cui il soggetto:

  • percepisce in modo distorto se stesso, gli altri e gli eventi;
  • presenta una variabilità notevole nell’affettività, o un’eccessiva intensità o inadeguatezza;
  • presenta evidenti problemi nei rapporti personali;
  • si pone traguardi non importanti o al di fuori delle proprie possibilità;
  • soggiace a impulsi che non riesce a controllare razionalmente e viene quindi a trovarsi in balia di spinte alienanti.

 

 

LE COMPONENTI E I DISTURBI DI PERSONALITÀ

 

In un vecchio ma sempre attuale studio sulla mente, la psicologa Muriel Beadle avverte: “Il 50% dell’intelligenza di un ragazzo di 17 anni si sviluppa tra il concepimento e i tre-quattro anni e il 33% entro i sei anni”. Possiamo pensare che l’evoluzione dei ritmi dell’odierna società restringa maggiormente il target. Non sempre genitori ed educatori tengono conto di tale realtà. Se poi allarghiamo il concetto alla formazione della personalità, comprendiamo quanto importanti siano i primi anni di vita per il successivo sviluppo. Con il termine “personalità” la studiosa intende il complesso delle caratteristiche individuali e specifiche di un soggetto, che viene identificato come una persona distinta dalle altre. Ognuno manifesta in modo originale i propri sentimenti affettivi, cioè le emozioni, i valori, gli atteggiamenti, e le percezioni coscienti, cioè la conoscenza dei vari aspetti della realtà con la quale si entra in azione. La personalità si analizza, quindi, evidenziando la differenza fra individuo e individuo, oppure costruendo dei modelli a cui fare riferimento, comprendendo anche la presenza di personalità miste.

 

Vediamo che alcuni tratti personali possono essere presenti nella condizione dell’atleta in modo da definire un profilo. Troviamo il soggetto ansioso che può rispondere a eventi stressanti con la paura, in modo evitante o in modo dipendente. Nel primo caso non reagisce positivamente alle critiche poiché si sente molto ferito; ha una bassa autostima di sé, teme di essere criticato e ridicolizzato, rifiutato, disapprovato nelle scelte; ha paura di deludere le persone intorno a lui, pertanto evita di manifestare i propri pensieri e di intraprendere contatti interpersonali per non incorrere in delusioni: attiva così un comportamento di tipo evitante.

 

Possiamo però anche riscontrare, nell’ansioso, un comportamento di tipo dipendente, che tende alla passività. È dubbioso, non prende decisioni, si ritiene non adeguato a risolvere le situazioni e deve ricorrere all’aiuto e ai consigli di altri, più anziani o più autorevoli di lui per orientarsi o assoggettarsi allo status quo. Manifesta un grande bisogno di protezione, per mantenere la quale si mostra sottomesso e in preda al terrore della perdita e della separazione. In campo affettivo, spesso passa da una relazione all’altra, perché deve sempre soddisfare il bisogno di essere accudito e accolto nella sfera intima altrui. Non di rado i due comportamenti si manifestano, alternativamente, nella stessa persona.

 

GRANDIOSITÀ ED EMOTIVITÀ

 

Fra i tipi di personalità, troviamo anche il soggetto caratterizzato da un sentimento di grandiosità, desiderio di ammirazione ed eccessiva autostima nelle proprie capacità,  spesso accompagnata da svalutazione dei meriti degli altri. Questi soggetti non riconoscono le esigenze altrui se non combaciano con le proprie; il loro tratto più caratteristico è il narcisismo. Un’altra tipologia di personalità presenta un soggetto caratterizzato da un’eccessiva emotività, alternante fra esaltazione ed entusiasmo da un

lato e depressione e isolamento dall’altro. È il tipico istrione, brillante e invadente, ma fortemente suggestionabile dagli eventi negativi, dall’indifferenza da parte delle persone che sono intorno a lui, dal timore dell’anonimato; è quindi molto influenzabile dalle opinioni degli altri, dall’ultimo che parla con lui o dal più influente.

 

I disturbi mentali, cognitivi e affettivi si riflettono pesantemente sulla funzionalità della persona nell’attività fisica; in campo sportivo, si sviluppa un senso di inefficacia, inferiorità, insicurezza, precarietà e confusione mentale tali da mortificare il potenziale di resa atletica. In tale contesto rientrano le facoltà mentali compromesse da tutte le

circostanze e i comportamenti che alterano l’equilibrio psicofisico che danneggiano il buon funzionamento dell’attività sportiva, provocando disturbi di personalità spesso irreversibili. Le più comuni manifestazioni abbinate a un disturbo di personalità sono:

 

  1. Instabilità, labilità umorale e affettiva, apatia, indifferenza.
  2. Senso di inferiorità, insicurezza e precarietà, impotenza, inadeguatezza al ruolo, sentimento di inefficacia.
  3. Incapacità di controllare gli impulsi e differire gli stimoli al momento opportuno.
  4. Confusione mentale, ridotta percezione della realtà, depersonalizzazione e alienazione da sé, crisi di identità.
  5. Conflitto tra autonomia e indipendenza.

 

 

INSTABILITÀ AFFETTIVA

 

L’ambito dei sentimenti e delle emozioni non è un settore della personalità avulso dalle altre componenti, ma è sempre in relazione con gli aspetti della conoscenza e dell’intelletto e con la sfera motoria. Inoltre, l’affettività è elemento determinante nei processi di crescita e maturazione, dalla prima infanzia nel rapporto bambino-madre, fino all’adolescenza, alla giovinezza e alla maturità.

 

L’incapacità di esprimere affetto può trasformarsi in blocco affettivo e

in pratiche di ambivalenza sentimentale del tipo “Ora ti voglio, ora non

ti voglio”. Un atteggiamento instabile nei rapporti affettivi è proprio di un soggetto

facilmente impressionabile, succube di condizionamenti esterni a cui non sa reagire e opporsi con fermezza. La sua caratteristica principale è un comportamento discontinuo, che si manifesta con la scarsa capacità di controllare i propri sentimenti (piange senza motivo, si commuove sempre, indulge a eccessi di ira...). Lo vediamo nelle reazioni immediate agli stimoli negativi: il ciclista che scaglia la bicicletta nel fosso, il tennista che spezza la racchetta, la mancanza di padronanza di movimento, gli stati agitatori, l’esaltazione esagerata.

 

Il soggetto ha comportamenti contrastanti, non si sa mai come la pensa o che cosa farà perché è volubile, caotico, disordinato, scombinato, non sa stare in gruppo o tenere relazioni stabili con le persone, non solo nello sport, ma anche nella sfera intima. Un aspetto dell’instabilità di carattere è la labilità affettiva, per cui il soggetto non sa conservare a lungo un amore o un’amicizia. Anche lo stato di apatia (assenza di pathos) rientra nelle manifestazioni dei sentimenti.

 

Il termine, introdotto dagli antichi Stoici, indica serenità d’animo e indipendenza dalle passioni, stato di insensibilità verso gli affetti e di indifferenza per ciò che normalmente dovrebbe suscitare emozioni. L’indifferenza esprime la mancanza di interesse e di partecipazione emotiva; l’apatia si forma nelle situazioni frustranti, negli stati d’ansia, nei casi di deprivazione sensoriale, in ambienti monotoni. Oltre che di natura psichica, l’affettività è costituita da fattori di natura fisiologica, cioè di reazioni riguardanti il sistema nervoso e il sistema endocrino: le palpitazioni, i rossori, la funzionalità sessuale sono emozioni espresse a livello organico.

 

 

Per altri parametri sulla conoscenza di sé, consultate Vincere con la mente.

Vincere con la mente