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RIFLESSIONI SUL CIBO

RIFLESSIONI SUL CIBO

L’IMPORTANZA DELL’ALIMENTAZIONE

 

Se doveste leggere un solo capitolo del libro, l’ideale sarebbe probabilmente questo, che tratta l’ampio argomento dell’alimentazione analizzandone i due aspetti principali: la quan­tità e la qualità in relazione al processo di di­magrimento. Analizzando da un punto di vista scientifico l’assunzione del cibo, verrà sottoli­neata l’importanza della gestione delle porzio­ni attraverso una serie di strategie efficaci per il raggiungimento dell’obiettivo. Si vedranno inoltre le caratteristiche dei principali com­ponenti della dieta: i macronutrienti, ovvero carboidrati, grassi e proteine e i micronutrienti, ovvero vitamine, minerali e antiossidanti. Si parlerà anche dello stretto rapporto che lega cibo e umore e, infine, delle diete più popolari.

 

C’è chi sostiene che l’alimentazione rap­presenti il fattore cruciale da cui dipendono la perdita di peso e il suo mantenimento. Analizzando gli studi sul dimagrimento otte­nuto solo con la dieta, solo con l’esercizio fisico o mediante una combinazione di entrambi, è emerso che nei due casi in cui la dieta è pre­sente si ottengono risultati più efficaci nella perdita di peso, diminuisce la percentuale di grasso corporeo e si abbassa l’IMC, mentre attraverso la sola attività fisica le persone perdono in media il 20-60% di peso.

Curiosamente, ciò che conta non è se sia più efficace la dieta o l’attività fisica, quan­to quello che credono le persone. Brent McFerran ha condotto uno studio su circa 1.200 persone di 5 paesi diversi, chie­dendo se ritenessero più importante seguire una dieta o svolgere attività fisica per perdere peso. Chi riteneva più importante la dieta, aveva livelli di IMC più bassi rispetto a chi pensava che la risposta giusta fosse l’attività fisica. Questa ricerca presenta sicuramente dei punti deboli, tra i quali il più evidente è l’avere come oggetto di studio l’IMC e non la massa grassa, tuttavia evidenzia un aspetto importante. Gli studiosi hanno ipotizzato che l’attività fisica potrebbe portare le persone a un’assunzione maggiore di calorie; in effetti, uno studio ha dimostrato che il solo pensiero di compiere attività fisica porta ad aumen­tare la quantità di cibo consumato.

 

Secondo McFerran, chi considera più importante la dieta si con­centra molto su quello che mangia, ma non si allena a sufficienza; al contrario, chi pensa che sia più importante l’attività fisica è più attivo, ma non presta particolare attenzione a quello che mangia, sottovalutando di conseguenza il numero delle calorie assimilate e l’attivi­tà fisica che dovrebbe praticare per poterle smaltire. Indipendentemente dal fatto che sia più importante la dieta o l’attività fisica, e dando per scontato che la combinazione di entrambe rappresenti la soluzione migliore, il concetto fondamentale è che l’alimentazione svolge un ruolo estremamente significativo nella perdita di peso e nel suo mantenimento.

PREGO, SIGNORE, POTREI AVERNE ANCORA?

 

Semplice, no? Mangiate troppo, non vi muove­te abbastanza e aumenterete di peso. Mangiate poco, muovetevi di più e perderete peso. Questa viene definita equazione del bilancio energetico e può essere riassunta come segue:

  • Stessa quantità di calorie assunte e calorie utilizzate = nessun cambiamento nel peso
  • Calorie assunte maggiori delle calorie uti­lizzate = aumento di peso
  • Calorie utilizzate maggiori delle calorie assunte = perdita di peso

 

Questa equazione contiene verità innegabili e bisogna tenere in considerazione principal­mente l’apporto calorico se si vuol perdere peso. Dagli studi emerge che le persone in sovrappeso tendono a indicare un numero più basso delle calorie assunte rispetto alla realtà, e ciò potrebbe spiegare perché sono in sovrappeso o perché non riescono a perdere il peso desiderato. La difficoltà maggiore sta nel fare bene i calcoli, dato che non è poi così semplice determinare il numero di calorie assunte o smaltite. Abbiamo visto che fare una stima delle calorie necessarie rappresenta, appun­to, solo una stima. Avreste bisogno di un abaco enorme per poter registrare tutte le ca­lorie assunte giornalmente dai vostri clienti; è semplicemente impossibile essere così preci­si, a meno che non disponiate del calorimetro presente nei laboratori universitari di scienze. Ricordate che per migliaia di anni l’umanità ha svolto un eccellente lavoro nel mantenere un peso salutare prima che fossero inventate le etichette alimentari. Considerate inoltre il fatto che, almeno tra quelli selvatici, non si incontrano spesso animali obesi. Un caso a parte sono gli animali domestici grassocci che sono iniziati a comparire più o meno negli ultimi 30 anni, probabilmente perché condividono la stessa alimentazione a base di cibi trattati e a basso costo dei propri padroni.

 

Adattato dallo Scientific Advisory Committee on Nutrition (2011)

 

Queste sono linee guida generiche che pos­sono essere utili per i vostri clienti, tuttavia va­riano in base alle caratteristiche dell’individuo come la quantità di attività fisica che pratica, i suoi livelli di massa magra e altri fattori.

Rob Dunn, della prestigiosa rivista Scientific American, afferma che non solo è difficile calcolare accuratamente il numero di calorie, ma che:

Il numero di calorie riportato sulle eti­chette alimentari potrebbe essere infe­riore a quello effettivamente consumato, specialmente nei cibi confezionati dove il totale delle calorie di proteine e fibre viene solitamente sottostimato.

  • Il numero di calorie riportato sui cibi “ge­nuini”, come nel caso delle mandorle, a volte è superiore rispetto quello effetti­vamente assimilato.
  • Il totale delle calorie che il corpo assimila può essere alterato in seguito alla cottura degli alimenti. I batteri intestinali inoltre non sono uguali per tutti e questa diffe­renza può influire sulla quantità di calorie che un individuo assimila attraverso de­terminati cibi.

Si tratta di uno studio isolato che andrebbe preso con le pinze; tuttavia ci mostra la com­plessità dell’argomento che stiamo trattando e ci permette di capire che contare le calorie forse non è la scelta migliore. Mail Online (2009) affrontò questo tema in un articolo che menzionava una campagna promos­sa dal governo secondo la quale l’apporto energetico giornaliero raccomandato per gli adulti era troppo basso, suggerendo di aumentarlo di ulteriori 400 kcal. I giornali presero sul serio la cosa, scrivendo titoli come «Potete mangiare un cheeseburger in più al giorno». Vi sarà capitato di sentir affermare da persone che seguono una dieta a punti o basata sul calcolo calorico cose come: «Non ho mangiato niente per tutto il giorno, quindi posso farmi una bella scorpacciata di cibo ci­nese a domicilio stasera» oppure «Ho saltato un pasto, quindi più tardi posso permettermi una bottiglia di vino». Ovviamente questo non è un approccio sensato. Detto ciò, se pensate che contare le calorie non sia un buon suggerimento, quali consigli dovreste dare ai vostri clienti?

  • Ascoltare il proprio corpo: i clienti sono veramente affamati? O forse sono sem­plicemente assetati, annoiati, stressati o stanchi? Troverete ulteriori informazioni sul rapporto tra cibo e umore più avanti in questo capitolo.
  • Sviluppare nuove abitudini: bisogna tro­vare una routine che funziona e mante­nerla il più a lungo possibile.
  • Monitorare i progressi: utilizzate gli scre­ening medici e i test descritti nel capitolo 3. Se il peso/grasso corporeo dei vostri clienti diminuisce significa che sono sulla buona strada, altrimenti rivedete il per­corso e fate dei cambiamenti.
  • Identificare i momenti pericolosi: potreb­bero essere il venerdì sera con gli amici dopo il lavoro, le rimpatriate di famiglia o quando si è seduti alla scrivania, in ogni caso cercate di determinare quando i vo­stri clienti consumano troppe calorie e pianificate di conseguenza.
  • Prendere nota: i diari alimentari, sebbene siano spesso imprecisi in termini di esat­tezza delle calorie assunte, rappresentano strumenti efficaci per la perdita di peso, forse perché rendono le persone consa­pevoli di quello che mangiano o forse perché, mostrandoli a qualcuno, saranno meno inclini a fare scelte sbagliate per non sentirsi in colpa.
  • Controllare le porzioni: bisogna trovare il modo migliore per gestire le quantità di cibo.

 

Vediamo come mettere in pratica questi punti.

 

 

LA RINGRAZIO, SONO SAZIO E NON VOGLIO ALTRO

 

Immaginate che fossero queste le parole pro­nunciate da Oliver Twist nel film omonimo: probabilmente oggi non sarebbe così famoso. Esistono vari modi per controllare le porzioni di cibo senza dover ricorrere continuamente alla calcolatrice. Sentitevi liberi di utilizzare i seguenti suggerimenti o trovatene di migliori grazie anche all’aiuto dei vostri clienti.

PIANIFICATE IN ANTICIPO

 

Anche solo scriversi una lista della spesa fa la differenza: chi sa cosa vuole acquistare e si attiene alla lista, troverà solo quello nella propria dispensa.

Essere preparati

 

Incoraggiate i vostri clienti a essere sempre preparati. Suggerite loro di organizzarsi con il pranzo già dal giorno prima, di riempire un contenitore d’asporto con qualche manciata di noccioline o di patatine invece di avere a portata di mano l’intero pacchetto, e fate capire loro che devono disporre solo di ciò di cui hanno bisogno. Ricordate: fallire nel pianificare significa pianificare il fallimento.

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore

 

Questo antico detto funziona quando si parla di cibo. Gli alimenti nella dispensa o quelli lasciati sulla scrivania sembrano parlare alle persone con una voce simile a quella di Gollum del Signore degli anelli: «Avanti, lo sai quanto lo desideri, mmmm, sembra molto buono, vero?» Mettete a tacere questa voce nascondendo il cibo.

Le dimensioni contano

 

Molti clienti sostengono che mangiare in pic­coli piatti aiuta. Questa teoria si applica cer­tamente alle coppie che mangiano insieme: il fatto che condividano lo stesso pasto non significa che debbano condividere anche le stesse porzioni, specialmente se, come mi è capitato di vedere, il marito è alto 1,80 e sua moglie 1,50.

L’importanza delle dimensioni del piatto può essere collegata all’illusione di Delboeuf, scoperta nel XIX secolo da Joseph Delboeuf, secondo il quale a ingannare la vista è il fatto che qualcosa sembra più piccolo o più gran­de in base alle dimensioni della forma che la circonda. Guardate l’immagine dei due cerchi neri qui sotto.

Il cerchio blu sulla sinistra appare più grande di quello alla sua destra: il motivo è che il cerchio nero che circonda quello di destra è molto più ampio e lo fa sembrare in proporzione più piccolo. Se fossero due piatti di cibo, la persona col piatto più grande po­trebbe essere tentata dall’aumentare la dose perché il piatto sembra mezzo vuoto.

 

 

 

Segnali di stop

 

Non è solo la dimensione del piatto a ingan­nare il cervello, anche i colori lo fanno. Suona ridicolo? Beh, invece è proprio la scienza a confermare questa teoria. Pare che il cervello umano in svariati contesti colleghi il colo­re rosso all’atto di fermarsi o a un pericolo. Stando alle conclusioni di due studi al riguar­do, si evince che quando le persone utilizzano piatti e bicchieri rossi mangiano e bevono il 40% in meno rispetto a chi ha di fronte la stes­sa porzione ma in stoviglie blu. Un altro studio ha evidenziato l’im­portanza del contrasto tra i colori del cibo e quelli del piatto su cui viene servito, arrivando alla conclusione che le persone mangiano più ortaggi a foglia verde se serviti in piatti verdi e ne mangiano meno se è servita in piatti rossi. Si può sfruttare questa teoria in molti modi:

  • Servire le verdure in piatti dello stesso colore di quest’ultime è una tecnica utile per aumentarne il consumo, soprattutto per i genitori che intendono incoraggiare i propri figli a mangiare più ortaggi.
  • Se si vuole diminuire il consumo di pa­tatine fritte, servirle su piatti con colori contrastanti come il viola potrebbe fun­zionare.

 

Non è necessario costringere le persone ad acquistare un set di piatti di tutti i colori dell’ar­cobaleno, ma possono provare a fare qualche cambiamento utilizzando questi spunti.

Meno è, meglio è

 

È stato ipotizzato che quando ci si trova di fronte a un’ampia varietà di cibi si tende a mangiare di più, probabilmente perché il cer­vello non riesce a scegliere tra gusti diversi e di conseguenza è portato ad assaggiare un po’ di tutto. Sembra si tratti di un atteggiamento che si sviluppa con l’età, in quanto i bambini piccoli di fronte a varie alternative tendono a scegliere quello che più desiderano, e spesso smettono di mangiare prima ancora di aver terminato quello che hanno nel piatto. Molti di noi sono stati cresciuti dalla famiglia a suon di «mangia tutto: pensa ai bambini in Africa che muoiono di fame» oppure «niente dolce finché non finisci quello che hai nel piatto». Quest’ultima frase significa fondamentalmen­te che si avrà il permesso di mangiare ancora solo una volta sazi, il che non ha affatto senso.

 

I buffet all you can eat (“mangia fino a scop­piare”) sono diventati molto comuni nella so­cietà occidentale. Studiando l’atteggiamento di individui in sovrappeso e dal peso norma­ le all’interno dei buffet cinesi, i dottori Brian Wansink e Collin Payne (2008) della Cornell University, USA, hanno scoperto che si com­portavano in modi molto diversi: gli individui più in carne sceglievano piatti più grandi, si sedevano vicino al cibo, spesso posizionan­dovisi proprio di fronte e iniziavano a riempi­re il piatto senza nemmeno aver prima dato un’occhiata al buffet; mangiavano inoltre più velocemente, spesso masticando meno degli altri. Ora, o si tratta di una coincidenza oppure queste abitudini riguardano solo individui che sono già in sovrappeso. Se l’individuo prende coscienza delle proprie abitudini alimentari può iniziare a fare dei piccoli cambiamenti, come scegliere solo determinati cibi in un buffet, usare piatti più piccoli (abbiamo già visto che funziona) o masticare più a lungo, appoggiando coltello e forchetta tra un morso e l’altro. I vostri clienti potrebbero adottare queste strategie o proporre delle alternative. Curiosamente, nello studio menzionato, solo la metà degli individui in sovrappeso rispetto a quelli normopeso ha lasciato del cibo nel proprio piatto, un comportamento che forse si è radicato nell’infanzia, quando la madre minacciava il figlio di privarlo della torta di mele o del dolce al cioccolato.

 

 

Se volete sapere cosa dice la scienza a riguardo, leggete Guida completa alla perdita di peso di Paul Waters.