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TERMINOLOGIA DEL FITNESS
Come in ogni professione, anche in quella degli operatori del mondo del fitness è fondamentale avere un linguaggio che sia il più possibile univoco e omogeneo. Nel mondo della terminologia ginnastica vi sono alcuni concetti fondamentali ormai consolidati che il mondo del fitness può prendere a prestito; d’altra parte, vi sono dei termini che descrivono in maniera più completa e semplice i movimenti tipici degli esercizi di muscolazione e che verranno spiegati nella parte dedicata agli esercizi. In questo capitolo ci limiteremo a dare una descrizione della terminologia generale applicata al movimento, partendo dai concetti di tipo anatomico per inoltrarci fino a quelli squisitamente ginnastici. La terminologia usata in questo capitolo è perciò mutuata dai testi di anatomia e di educazione fisica, mentre quella relativa agli esercizi specifici è il frutto di una selezione ragionata e di una scelta degli autori, adottata nel corso di Laurea in Scienze Motorie di Padova e Palermo.
TERMINI DI POSIZIONE
In questa parte ci si rifarà al testo fondamentale di anatomia del Gray. Per potere operare nel campo dell’anatomia descrittiva, in maniera che vi sia una nomenclatura accettata in campo internazionale, bisogna partire da presupposti comuni che definiscano sia le varie parti del corpo sia i rapporti spaziali.
Il corpo viene rappresentato nella posizione eretta, con gli arti superiori lungo il corpo e i palmi delle mani e gli occhi rivolti in avanti. Il Gray fa notare come questa posizione, sebbene universalmente riconosciuta come “posizione anatomica”, si presti ad alcune obiezioni, come il fatto che le braccia siano ruotate in fuori a livello della spalla e gli avambracci siano in piena supinazione, in una posizione che non è, quindi, quella normale di riposo. Inoltre, essa crea difficoltà nell’anatomia comparata con altri vertebrati quadrupedici. In effetti, la struttura dello scheletro umano è peculiare in base alle esigenze della nostra evoluzione: nella maggior parte dei primati l’estremità distale
del primo metatarsale non è connessa con quella del secondo per mezzo di legamenti, consentendo all’alluce una notevole libertà di movimento. Nell’uomo, invece, primo e secondo metatarsale sono collegati da legamenti come gli altri metatarsali, rendendo meno mobile l’alluce rispetto a quello dei primati.
Il pollice umano è invece sviluppato per consentire l’opposizione, che gli permette, grazie all’articolazione tra esso e il trapezio, di ruotare e flettersi verso le altre dita (pollice opponibile).
Nell’arto inferiore abbiamo una pelvi massiccia e quasi immobile, direttamente articolata con lo scheletro assiale per mezzo di un’articolazione dell’anca con movimenti limitati, adatta alle oscillazioni in senso antero-posteriore ma che, consentendo anche un certo grado di abduzione, permette una stazione eretta stabile. L’arto superiore è invece un esempio di componenti diverse e complesse ma che agiscono come un sistema integrato.
La scapola fluttua guidata da una massa muscolare in collegamento con la clavicola. La flessione e la rotazione del gomito permettono alle mani di arrivare nel campo visivo pur mantenendo, tramite l’enartrosi scapolo-omerale, un ampio movimento e al contempo una base solida nel polso, consentendo movimenti fini e di precisione nell’afferrare e nel
manipolare.
Comunque, nella posizione anatomica il corpo viene diviso verticalmente dal piano mediano o sagittale (chiamato così in analogia alla sutura cranica omonima) in una metà destra e una metà sinistra pressoché simmetriche. Le intersezioni di questo piano con il corpo formano la linea mediana anteriore e posteriore. I piani paralleli al piano mediano sono chiamati piani paramediani o parasagittali, mentre quelli ortogonali sono chiamati piani frontali e dividono il corpo in due metà: una anteriore e una posteriore, o più precisamente una ventrale e una dorsale. Infine vi è il piano orizzontale, o trasverso verticale, che incrocia ortogonalmente i piani sagittale e frontale e divide
il corpo in due metà: una cefalica o craniale (o superiore) e una caudale (o inferiore).
Analogamente come per i piani, gli aggettivi anteriore e posteriore indicano le superfici anteriore e posteriore del corpo compresi gli arti ed è preferibile, come nel caso dei piani, utilizzare l’aggettivo ventrale e dorsale (più corretto anche quando si considera l’anatomia comparata nei tetrapodi). Questi stessi termini vengono usati per indicare facce e superfici delle singole parti interne o la loro posizione relativa: ad esempio il rachide è dorsale rispetto all’esofago, mentre la trachea è in posizione ventrale
rispetto a quest’ultimo.
Per definire il rapporto esistente tra le parti del corpo e il piano mediano si usano i termini mediale e laterale; ad esempio, se si parla di legamento collaterale mediale si intende quello più vicino al piano mediano.
Spesso però i rapporti sono più complessi e non così nettamente distinti come negli esempi precedenti, si parlerà allora di situazioni complesse e si useranno termini composti come antero-laterale, ecc. Per quanto riguarda gli arti si useranno termini come prossimale, a indicare la parte più vicina alla radice dell’arto, o distale, a indicare la parte dell’arto più lontana dalla radice.
Ci sono anche delle definizioni peculiari in quanto si riferiscono alle caratteristiche anatomiche specifiche di una parte: ad esempio, nell’avambraccio si farà riferimento a radiale e ulnare in alternativa a laterale e mediale, le regioni ventrali nell’arto superiore potranno venire indicate come flessorie mentre le dorsali come estensorie, così come plantare e palmare saranno le varianti per la superficie flessoria del piede e della mano.
A livello dell’esemplificazione dei piani in cui si può suddividere il corpo umano, possiamo individuare anche degli assi.
L’asse sagittale è una linea che attraversa il corpo da davanti a dietro, come una freccia (in latino sagitta) ed è formato dall’incrocio tra il piano trasverso e quello frontale; attorno a esso ruota il piano frontale.
L’asse verticale attraversa il corpo dall’alto al basso, partendo dal vertice e fuoriuscendo dal coccige, ed è formato dall’incrocio tra i piani frontale e sagittale; attorno a questo asse ruota il piano trasverso.
Infine, l’asse trasversale “taglia” il corpo da un lato all’altro (ad esempio da una spalla all’altra), è formato dall’incrocio tra asse trasverso e frontale e attorno a esso ruota il piano sagittale.
A livello della parete addominale anteriore possiamo riconoscere alcune regioni particolarmente importanti. I limiti della parete addominale anteriore sono dati:
- in alto da una linea orizzontale che passa per l’unione della base del
corpo sternale con il processo xifoideo (linea basisternale);
- lateralmente da due linee ascellari inferiori che, proseguendo inferiormente,
raggiungono le spine iliache anteriori superiori;
- in basso da due linee che si portano dalle spine iliache anteriori superiori ai tubercoli pubici, completate in basso da una linea che unisce i tubercoli pubici stessi. Quest’area viene suddivisa grazie a due linee orizzontali (tangente all’arco costale, passante per la 10° costa dei due lati, e bisiliaca, passante per le due spine iliache superiori) in tre piani:
superiore, medio e inferiore. Individuiamo così:
– piano superiore o epigastrico (tra linea basisternale e tangente arco
costale);
– piano medio o mesogastrico (tra tangente arco costale e linea bisiliaca);
– piano inferiore o ipogastrico (tra bisiliaca e linea passante per tubercoli
pubici).
I tre piani vengono ulteriormente divisi in tre regioni – una mediana e due laterali destra e sinistra – da due linee oblique, che, partendo dal punto emiclaveare (posto a metà della clavicola), raggiungono il tubercolo pubico omolaterale.
Individueremo così:
- Sul piano epigastrico:
– una regione epigastrica o epigastrio (mediale);
– due regioni ipocondriache (ipocondrio), destra e sinistra.
- Sul piano mesogastrico:
– una regione mesogastrica o mesogastrio (mediale);
– due regioni addominali laterali (o fianco), destra e sinistra.
- Sul piano ipogastrico:
– una regione ipogastrica o ipogastrio (mediale);
– due regioni inguino-addominali (in parte sovrapposte lateralmente
alle fosse iliache) destra e sinistra.
TERMINI DI MOVIMENTO
Sebbene non vi sia un’omogeneità assoluta sui termini di movimento – mancanza dovuta soprattutto, oltre alle scuole diverse degli autori, spesso anche alle traduzioni – abbiamo cercato di operare una sintesi della letteratura presente, cercando di dare la massima coerenza alle scelte fatte. Nel nostro compito siamo in parte facilitati dal fatto che, rispetto a un movimento estremamente complesso come potrebbe essere quello di una danzatrice, i movimenti eseguiti nei centri fitness sono spesso analitici e quindi è più agevole compiere un’analisi.
Movimenti sul piano sagittale attorno all’asse trasverso
Flessione ed estensione
L’angolo dell’articolazione diminuisce partendo dalla posizione neutra o anatomica. In realtà questa definizione, adeguata per un’articolazione a un grado di libertà, non è applicabile a tutte le altre articolazioni. Una definizione che ci trova più d’accordo e che può essere applicata a tutte, a eccezione delle spalle, è basata sul concetto che la flessione è l’avvicinamento delle superfici ventrali o volari.
Questa definizione si basa sullo sviluppo embriologico del feto umano. Infatti, poco dopo essere apparsi, i primi abbozzi di arti si proiettano lateralmente con i pollici e gli alluci verso l’alto. Durante lo sviluppo si flettono centralmente nei gomiti e nelle ginocchia, facendo in modo che gli apici di queste articolazioni siano rivolti verso l’esterno e la superficie palmare e plantare verso il tronco. Successivamente gli
arti ruotano di 90° in direzioni opposte attorno agli assi longitudinali. Gli arti superiori ruotano lateralmente rivolgendo il gomito posteriormente, i pollici verso l’esterno e le superfici ventrale e volare in avanti.
L’arto inferiore ruota medialmente rivolgendo le ginocchia in avanti, gli alluci verso l’interno e le superfici ventrali indietro, come quelle plantari. La superficie prossimale degli arti mantiene l’orientamento embriologico nelle regioni ascellari e inguinali.
Avremo quindi che parte della superficie ventrale della coscia è rivolta anteriormente, perciò un movimento dell’arto inferiore in toto in avanti e in alto è un avvicinamento delle superfici ventrali (come da definizione data precedentemente). Poiché la rotazione del ginocchio è completa, anche la flessione di quest’articolazione è consensuale con
la definizione anatomica.
La flessione e l’estensione della spalla non si conciliano con queste definizioni, così per consuetudine si mettono in relazione con il movimento dell’anca: quindi la flessione del braccio sulla spalla è definita come un movimento in avanti e in alto sul piano sagittale e l’estensione come un movimento in basso e all’indietro sullo stesso piano.
La flessione di gomito, polso, dita, ginocchio e colonna vertebrale è conforme ai concetti predetti (diminuzione angolo e avvicinamento superfici ventrali). L’estensione, va da sé, è un movimento in direzione opposta alla flessione.
Il problema più grosso di concordanza terminologica lo troviamo nell’articolazione tibio-tarsica. La diminuzione dell’angolo tra piede e gamba (estensione anatomica) viene chiamata solitamente flessione, mentre la flessione anatomica (l’atto di mettersi in punta di piedi) è comunemente definita estensione della tibiotarsica.
Per ovviare a questo problema possiamo definire come dorsi flessione l’estensione anatomica e come flessione plantare la flessione anatomica. In pratica, potremmo definire la flessione come il movimento per riportare i segmenti corporei nella posizione mantenuta durante la vita fetale.
Movimenti sul piano frontale attorno all’asse sagittale
Abduzione e adduzione
È un movimento di allontanamento (dal latino ab ducere: condurre via, lontano) dalla linea mediana (o dal piano sagittale) o, nel caso delle dita, dal dito medio, mentre l’adduzione è un movimento di avvicinamento.
Nell’abduzione del braccio il movimento puro della scapolo-omerale si ha solamente fino ai 90°, i gradi di movimento successivi, fino ai 180° finali, sono permessi dall’orientamento verso l’alto della cavità glenoidea della scapola. L’adduzione del braccio, partendo da una flessione dell’arto, quindi anteriormente rispetto al tronco, è di circa 30-45°, mentre l’adduzione con l’arto retroposto, da una posizione di flessione, è estremamente modesta. Per quanto riguarda l’arto inferiore, l’abduzione già a partire dai 30° diventa bilaterale, interessando anche l’anca controlaterale, portando un soggetto normale a raggiungere un angolo di circa 90° tra le anche (quindi circa 45° per ciascuna anca). Ovviamente l’esercizio e la predisposizione possono portare alcuni soggetti a raggiungere anche abduzioni attive di 120-130° e passive di 180° ma in questo caso, per potere rilasciare i legamenti di Bertin, il bacino deve basculare in avanti mentre deve aumentare la lordosi lombare; assistiamo così in realtà a una flessione-abduzione dell’anca. L’adduzione dell’anca, sia con l’arto in flessione che in estensione, è di circa 30°. Per il busto possiamo parlare di flessione laterale (75-85°); mentre per la mano, anche se è possibile usare lo stesso termine, è preferibile flessione radiale (adduzione di circa 15°) o ulnare (abduzione di circa 45°).
Movimenti sul piano trasverso attorno all’asse verticale
Intarotazione ed extrarotazione
In genere gli assi di rotazione (a eccezione di quello della clavicola) sono verticali, o quasi verticali se facciamo riferimento al corpo in posizione anatomica. Questi movimenti se avvengono a livello del braccio vengono detti intrarotazione (100-110°) ed extrarotazione (80°), se si riferiscono all’avambraccio, invece, si parla di supinazione (extrarotazione) e di pronazione (intrarotazione). La rotazione dell’omero è più evidente se avviene a gomito flesso. Per la coscia l’extrarotazione è di circa 30°, mentre l’intrarotazione di circa 60°. L’articolazione del ginocchio permette trascurabili movimenti di rotazione (quelli del piede sono a carico della tibiotarsica).
Diversi autori parlano anche di flessione sul piano trasverso od orizzontale, in cui l’arto superiore, partendo da una posizione di riferimento di 90° di abduzione, scivola sul piano trasverso avvicinando l’arto alla superficie anteriore del torace con circa 140° di ampiezza. L’estensione sul piano trasverso, invece, è il movimento in senso opposto e si compie per circa 30-40°. È più corretto parlare di flessione ed estensione orizzontale che, come fanno alcuni, di adduzione o abduzione, poiché questi movimenti avvengono attorno allo stesso asse che passa per la testa dell’omero, come nella flessione ed estensione dalla posizione anatomica; in effetti l’abduzione iniziale cambia solamente l’orientamento dell’asse che passa per la testa dell’omero da orizzontale a verticale.
Circonduzione
“È un movimento che può avvenire in ogni articolazione biassiale o multiassiale ed è una combinazione di flessione-abduzione-estensione adduzione o il contrario e può coinvolgere la rotazione dell’arto considerato”
(Gowitzke BA, 1984). Classicamente, la traiettoria viene descritta come un cono con il vertice nel fulcro articolare. In virtù delle diverse caratteristiche anatomiche e funzionali dell’articolazione dell’anca e di quella della spalla, pur essendo entrambe delle enartrosi a tre gradi di libertà, quest’ultima è molto più mobile.
Se volete saperne di più sul fitness, vi consigliamo di consultare Principi di metodologia del fitness di Antonino Bianco, Marco Neri, e Antonio Paoli.