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COSA BISOGNA SAPERE SULLA FISIOLOGIA

COSA BISOGNA SAPERE SULLA FISIOLOGIA

COSA BISOGNA SAPERE SULLA FISIOLOGIA

Il libro Allenamento ad alta intensità di Aurélien Broussal-Derval ci spiega i segreti per un allenamento di successo.

Probabilmente già sapete che il muscolo è costituito da diversi tipi di fibre. Ricordiamo, nello specifico, le fibre a con­trazione lenta e quelle a contrazione rapida. Le prime sono ricche di vasi sanguigni e di mitocondri. La loro massima prestazione avviene durante le contrazioni ripetute e prolungate al di sotto della massima intensità. Al contrario, le fibre a contrazione rapida sono più efficienti durante le contrazioni intense e durante le brevi fasi di massimo sforzo; queste possono essere ulteriormente suddivise in due sottocategorie: le fibre che possono facilmente affaticarsi e quelle che in un qualche modo si affaticano più difficilmente. La fisiologia che sta alla base di qualunque sforzo è sog­getta a questi meccanismi di contrazione. La performance fisica, da un punto di vista motorio, dipende dalla combi­nazione di tali contrazioni. Perché questo avvenga, avete bisogno di un sistema che converta il carburante in energia.

  • IL CONTINUUM ENERGETICO

 

A seconda dell’intensità e della durata di un allenamento, la produ­zione di energia si ottiene con o senza la disponibilità di ossigeno. La demolizione del glucosio (che è il principale carburante) durante l’esercizio fisico continua fino a quando dura lo sforzo (e fino a quando l’intensità viene mantenuta abbastanza bassa) impiegando sempre più ossigeno. Si parla di via anaerobica (senza ossigeno) o aerobica (con apporto di ossigeno), ma il meccanismo in realtà è un continuum in cui la via dominante dipende dal tipo di sforzo fisico.

Il corpo umano è un motore ibrido mosso da diversi sistemi di produ­zione energetica che assumono il controllo a seconda della situazione.

L’allenamento ad alta intensità è interessante in questo contesto, perché oscilla fra il sistema aerobico e quello anaerobico attraverso una varietà di livelli di intensità nel corso di un’unica sessione di alle­namento. In questo caso si sente spesso parlare di lattato.

  • VELOCI, ENERGIA!

 

Quando l’intensità dell’allenamento aumenta e le contrazioni musco­lari si fanno ripetitive e intense, le fibre a contrazione rapida produ­cono una grande quantità di lattato.

La demolizione del glucosio, immagazzinato sottoforma di glicogeno, genera il piruvato (che poi aiuterà l’organismo a produrre energia). Il piruvato entra nei mitocondri dove, combinato con l’ossigeno, viene trasformato in energia (questa è la via aerobica). Ma quando l’inten­sità aumenta, vengono reclutate le fibre a contrazione rapida e viene prodotto troppo piruvato perché i mitocondri possano gestirlo. Il piruvato si accumula all’entrata dei mitocondri e viene convertito in lattato. Questa è la via anaerobica.

Ecco ciò che avviene nei circuiti di allenamento ad alta intensità. L’in­tensità è abbastanza elevata da far funzionare i due sistemi insieme;

l’accelerata demolizione di glu­cosio necessaria per produrre l’e­nergia per le intense contrazioni muscolari determina la produ­zione di una grande quantità di piruvato. I mitocondri non riescono a gestire tale quantità e questo porta alla produzione di lattato.

Come abbiamo già spiegato, il lattato è principalmente prodotto dalle fibre a contrazione rapida e la saturazione dei mitocondri che ne deriva accelera la produzione di piruvato durante l’esercizio fisico intenso. Questo è esattamente ciò che avviene durante l’allenamento ad alta intensità, che genera una grande quantità di lattato.

Il lattato viene poi catturato dalle vicine fibre a contrazione lenta che devono essere usate per l’energia dalla via aerobica. Il lattato rima­nente entra nel circolo sanguigno e viene usato come energia dal cuore o da altre fibre a contrazione lenta che diventano disponibili durante il recupero attivo.

Per questo motivo, durante l’allenamento, usiamo principalmente le fasi di recupero attivo.

Il picco di lattatemia che segue una serie intensa si raggiunge circa dopo 7 minuti dalla conclusione della serie. Il livello ritorna normale dopo 60 minuti (non 24 o 48 ore dopo, come a volte si dice). Questo significa che le persone possono eseguire due allenamenti ad alta intensità in una stessa giornata o in giornate consecutive. La più probabile causa di problemi è il sovraccarico del sistema nervoso e metabolico giorno dopo giorno. Per questo motivo, ogni tre giorni ne pianifichiamo uno di recupero. Inoltre, il recupero attivo al 40-50% di VO2max (massima quantità di ossigeno che possiamo impiegare durante l’esercizio fisico) accelera in modo significativo la rimozione di lattato dal sangue.

Forniamo sempre una sequenza di recupero attivo di una determi­nata intensità dopo un esercizio fisico intenso e prolungato.

Tuttavia, nel 2006, Spencer e colleghi ci insegnarono che dopo ogni sforzo intenso o persino massimo effettuato in un breve periodo, il recupero passivo è più indicato per risintetizzare la fosfocreatina. Per le sessioni di allenamento per la forza e gli sprint ad alta intensità, il nostro metodo favorisce questo tipo di recupero. Osservate che ripetere il vostro sforzo massimo dopo un periodo di riposo di durata inferiore a 10 secondi esaurendo le riserve di energia del muscolo (fosfocreatina) potrebbe compromettere il resto dell’allenamento (ridotta intensità, tecnica scorretta) o la sua durata. Ecco perché abbiamo incluso questi tipi di allenamento nel nostro metodo.

  • REGOLARE L’INTENSITÀ

 

Quando si lavora con gruppi numerosi, un approccio comune è quello di raccomandare l’utilizzo di un peso standard per tutti i componenti.

In questi casi, il numero di ripetizioni

 e il peso sono identici per tutti (magari differenziati per uomini, donne e atleti professionisti). All’in­terno di un gruppo, tuttavia, la tipologia corporea varia notevolmente da un soggetto all’altro, anche fra le persone dello stesso sesso e con livelli di forma fisica simili. Alcuni atleti potrebbero trovarsi bene ad allenarsi al 70% del loro peso massimo, riuscendo ad affrontare agevol­mente dozzine di ripetizioni, mentre altri, che magari hanno un peso massimo più elevato, potrebbero arrestarsi dopo sole 10 ripetizioni.

Un altro tema è quello della tecnica. I soggetti con una tecnica migliore sono in grado di economizzare il movimento; perciò hanno bisogno di regolare il peso per fare progressi alla stessa velocità dei principianti.

Un ultimo punto riguarda il peso corporeo, che può determinare una dif­ferenza significativa nella forza massima, ma anche aumentare il carico che si può usare in determinati eser­cizi. Per esempio, l’intensità di uno squat eseguito con un carico di 100 Kg dipende sia dal peso della barra sia dal peso corporeo del soggetto. Ovviamente, non si può assegnare lo stesso peso a una persona di 60 Kg e a una di 120 Kg. Questo vale soprattutto per i pull-up. Facciamo l’esempio di un principiante di 90 Kg: questo soggetto inizierà ad allenarsi con un carico sovramas­simale per quel tipo di esercizio! Sarà, quindi, necessario trovare un modo per alleggerirgli il carico. È perciò ovvio che la semplice istru­zione «Fate tutti 10 pull-up» non è di per sé sufficiente.

In pratica, questo significa che se il programma di una lezione di gruppo prevede 10 squat con un carico di 100 Kg seguiti da 20 pull-up, sequenza da ripetere quante più volte possibile nell’arco di 5 minuti, ogni atleta del gruppo sperimenterà un tipo di allena­mento molto, anzi, troppo diverso.

Per questo, vi suggeriremo delle alternative per adattarlo:

  • Parleremo spesso di 1-RM (1-Repetition maximum), para­metro che fa riferimento al peso massimo che può essere sollevato da un soggetto per “x” volte. Per esempio, 5-RM corri­sponde alla quantità di peso che si riesce a sollevare per cinque volte prima che, giunti alla sesta ripetizione, ci si arrenda.
  • Non indicheremo sempre il peso da utilizzare, in modo che ognuno possa scegliere quello più indicato per sé. Se vi accorgete che il carico è troppo pesante o troppo leg­gero, dovrete regolarlo durante l’allenamento.
  • Ovviamente, altri utili strumenti per personalizzare l’intensità sono gli aggiustamenti tecnici e le varianti usate per rendere l’esercizio più facile. Questo approccio continuerà senz’altro ad essere usato.
  • USARE IL TEMPO SOTTO TENSIONE PER REGOLARE IL CARICO

Allenarsi duramente non significa necessariamente usare carichi pesanti. Porre l’attenzione sulla corretta esecu­zione di un esercizio lo renderà immediatamente più duro. Una volta che un atleta fa progressi, può pensare al Time Under Tension (TUT), ossia il tempo necessario per il movimento. Misurare il tempo dedicato a ogni fase di uno squat è un modo efficace per aumentare l’effetto dell’esercizio senza aumentare il peso né il numero di serie.

Per esempio, pensate alle quattro parti di uno squat, tutte misurate in secondi. La prima parte è quella in posizione eretta, la successiva è il movimento di discesa, la terza è la posizione di accosciata (altezza variabile che dipende dallo squat) e l’ultima parte è il movimento di risalita. In base a quanti secondi dedicate ad ognuna di queste parti dell’esercizio, potete cambiare completamente il carico di lavoro persino senza variare il peso. Per convincervi di ciò, eseguite prima uno squat parallelo a una velocità normale, poi ripetete l’esercizio mantenendo lo stesso peso, ma impiegando 3 secondi per scendere e 1 rimanendo nella posizione parallela. Potreste rivedere il numero di ripetizioni che farete mentre scendete!

 

 

FATTORI CHE INTERFERISCONO CON L’ALLENAMENTO

La popolarità dell’allenamento ad alta intensità è cresciuta di pari passo con l’interesse degli studiosi per gli allenamenti combinati. All’inizio degli anni Duemila, furono condotti numerosi studi per combinare diversi tipi di allenamento durante la stessa sessione o in una stessa serie. Sebbene i risultati varino in base al livello di forma fisica degli atleti e del peso usato nella sessione, gli studi concordano su alcune regole, che cercheremo di applicare al nostro approccio.

 

  • Regola 1: darsi delle priorità
  • Regola 2: allenarsi nell’ordine giusto
  • Regola 3: evitare brutte combinazioni
Allenamento ad alta intsensità