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TEORIA DELL’ALLENAMENTO MUSCOLARE (parte 1)

TEORIA DELL’ALLENAMENTO MUSCOLARE (parte 1)

Le qualità fisiche di base sono quattro:

 

  1. Forza
  2. Resistenza
  3. Flessibilità
  4. Velocità

 

Di esse, le prime tre influiscono direttamente sullo stato di salute della persona. In breve, si può dire che la velocità ha un valore nello sport, ma non tanto nella vita quotidiana. La flessibilità può prevenire lesioni e squilibri muscolari. La resistenza farà molto bene alla nostra salute cardiorespiratoria e contro il grasso in eccesso.

 

L’allenamento della forza è molto importante per la salute muscolo-scheletrica. Una volta ricordato questo, è necessario segnalare alcune particolarità e dare alcuni consigli per capire, facendo riferimento all’eziologia, perché bisogna adottare certi comportamenti nell’allenamento muscolare.

 

Come muoversi, come allenarsi ed errori da evitare

 

Si prenda la seguente affermazione come premessa basilare: il riscaldamento è imprescindibile. Inoltre, lo stretching è vivamente raccomandato, e la dieta intelligente e il riposo sono... necessari. Esistono varie tecniche di riscaldamento. Qui ne viene esposta una semplice ed efficace per il nostro proposito (i tempi segnalati sono orientativi):

 

  1. Si deve iniziare un esercizio cardiovascolare in maniera dolce e moderata, soprattutto per cominciare ad attivare il sistema cardiorespiratorio, ma anche per prendere coscienza di tutto ciò che faremo in seguito (“riscaldamento psicologico”). Questa fase durerà dai 5 ai 10 minuti.
  2. Si devono effettuare movimenti articolari, senza peso, nella zona su cui si andrà a lavorare e in quelle adiacenti per 2 o 3 minuti.
  3. Bisogna iniziare con un paio di serie dell’esercizio di base che si andrà a svolgere per primo, ma con la metà del peso abituale. Conviene anche riscaldare i muscoli sinergisti e fissatori degli esercizi che pensiamo di eseguire – questo vuol dire quasi sempre addominali e lombari. Durata: 5 o 6 minuti.
  4. Si farà un breve stretching dei muscoli interessati per 2 o 3 minuti.
  5. Si inizierà l’allenamento vero e proprio, con una prima serie più leggera delle successive. C’è chi afferma di non avere tempo per il riscaldamento, ma se poi subisce una lesione non potrà allenarsi affatto.

A meno che non si cerchi una preparazione sportiva specifica, le cui particolarità richiedono qualcosa di diverso da quanto qui esposto, il movimento negli allenamenti deve essere lento o moderato, mai veloce. L’eccesso di velocità è sconsigliato perché:

— falsifica la tecnica;

— utilizza impulsi (inerzia) e per questo minimizza il lavoro muscolare costante;

— porta le articolazioni vicino al loro limite di mobilità in maniera pericolosa;

— utilizza meno peso del necessario per il giusto stimolo muscolare (vedi “intensità”, più avanti). La spiegazione viene data dalla “Teoria della curva di velocità”, la cui conclusione possiamo riassumere così: a grande velocità, la resistenza deve essere necessariamente bassa.

 

Questo eccesso di velocità deriva dalla mancanza di tempo che dedichiamo all’allenamento o, a volte, dalla necessità di alcuni sportivi di soddisfare il proprio ego o l’immagine che vogliono dare agli altri: ebbene, risulta ovvio che se si mantiene il peso utilizzato e si abbassa la velocità non si raggiunge lo stesso numero di ripetizioni e non si richiamerà l’attenzione… dei profani.

 

Il difetto di velocità aiuta a prevenire le lesioni, ma se il movimento è troppo lento, anche il peso utilizzato sarà inferiore alle possibilità muscolari concrete e la stanchezza nella zona apparirà prima di quanto desiderato. Alcuni culturisti si allenano con buoni risultati con circa 2 secondi nella fase positiva e 6 o 7 secondi in quella negativa.

Di sicuro certe posizioni corporee e la respirazione con un ritmo così intervallato (nella fase eccentrica) sono scomode e poco efficaci. Invece, altri ottengono dei vantaggi con un ritmo un po’ più vivace. Per cui, sembra che la cosa migliore sia rendere la fase concentrica o positiva moderatamente esplosiva (non veloce) e l’eccentrica o negativa

un po’ più lenta; in definitiva, un’azione tipo onda o pump, dove entrambe le fasi mantengono una cadenza simile ma, soprattutto, controllata (in tensione permanente).

Esiste uno studio che tratta dei vantaggi dell’allenamento “solo-eccentrico”.

 

Sfortunatamente è difficile praticarlo con peso libero (si ha bisogno di molto aiuto) e le macchine attuali non sono preparate per questo tipo di allenamento.

Anche in questo caso, comunque, manca una ricerca ampia e definitiva.

Un errore frequente è bloccare o fare rientrare l’articolazione all’apice dei movimenti, vale a dire nel punto di massima estensione. L’esempio più chiaro è il pericoloso blocco in estensione nella macchina “leg press”. Il rischio si trova, tra l’altro, nel fatto che nei limiti articolari potremmo lasciare tutto il peso nelle mani dei legamenti e degli incastri ossei senza il sostegno del muscolo principale. Si è sopravvalutato, specialmente tra i culturisti, il fatto di portare i movimenti al limite, credendo che in questo modo “lavorino tutte le fibre”, ma non è così. Questo piccolo margine prima del limite non implica un lavoro muscolare minore né una crescita insufficiente. D’altra parte, quando si raggiunge il limite, le possibilità di lesione sono maggiori con lussazioni, rotture dei legamenti, traumi articolari, rotture fibrillari...specialmente sotto carico. Ciò non significa che il movimento debba essere parziale. Al contrario, dobbiamo cercare di realizzare una traiettoria completa in quasi tutti gli esercizi. In alcuni casi, il pericolo di lesione ne consiglia una più breve (per esempio negli “squat” o nel “curl su panca Scott”). In altri, invece, ci si può spingere fino al massimo della traiettoria del movimento senza pericolo (come nelle “alzate di spalle” per trapezio).

Ogni persona deve valutare in che misura mette a rischio la sua salute muscolo-scheletrica.

 

Un gesto pericoloso è quello che forza la rotazione di una parte del corpo quando si è al limite, sommato a una massima estensione o flessione e, cosa ancora più grave, sotto grandi carichi. Altri esempi di esercizi potenzialmente lesionanti sono l’“hyperextension su panca” lombare combinata con una rotazione, gli “squat” o “distensioni” con rotazioni interne del ginocchio e della caviglia nella discesa, lo “stacco da terra con pesi a una mano verso il piede contrario”, ecc.

Un’ultima considerazione riguardo all’allenamento isometrico: deve essere un complemento e non dobbiamo limitarci a esso. Anche se aiuta l’autocontrollo del corpo, di solito può comportare blocchi respiratori e di irrorazione sanguigna locale, provocare mancanze di consapevolezza del movimento corporeo e tensioni talvolta pericolose.

 

In ultimo, è necessario sottolineare che così come sono importanti la forza, la flessibilità o qualsiasi altra condizione fisica, lo è altrettanto l’equilibrio muscolare. Qualsiasi allenamento deve essere rivolto al corpo nel suo insieme, senza tralasciare alcuna zona, e deve essere fatto in maniera compensata in ogni articolazione. Questo è una garanzia di salute motoria. Noi esseri umani non abbiamo occhi dietro la testa e alcune persone che praticano cultura fisica tendono a dare la priorità alle zone per loro più visibili: i pettorali più che i dorsali, i bicipiti più che i tricipiti, i quadricipiti più che gli ischio tibiali... non cadiamo in questo errore.

 

L’abbigliamento

 

Bisogna indossare un abbigliamento sportivo, leggero, traspirante e che non stringa il corpo, senza cuciture fastidiose, borchie o parti metalliche. Se si suda bisogna cambiarsi, anche se non si è finito l’allenamento.

 

È consigliabile usare guanti specifici adeguati, per evitare ferite alle mani e prevenire la perdita della presa per via della sudorazione. L’uso della fascia da body-building è riservata, se si vuole, a momenti particolari di alcuni esercizi, o in caso di prescrizione medica.

 

Un asciugamano pulito dovrebbe far parte del nostro abbigliamento da allenamento, soprattutto per posizionarlo sugli apparecchi prima di utilizzarli e per pulire il materiale se si è sporcato.

 

Le scarpe devono essere specifiche per questo tipo di esercizi (vengono vendute in negozi specializzati) o si devono usare scarpette da ginnastica di buona qualità con suola antiscivolo, ben allacciate. Non si possono usare le stesse calzature con cui si cammina per strada, dal momento che certamente avrebbero terriccio o sporcizia. Anche se può sembrare ovvio, si vedono ancora persone poco informate che si allenano con sandali tipo pantofole, scarpe da passeggio o persino scalze. Si sono viste foto di Arnold Schwarzenegger, per esempio, mentre si allenava senza scarpe o con sandali, ma questo non avveniva abitualmente e, quando lo faceva, poteva cadere o farsi male. Persone del livello del suddetto atleta hanno un’infinità di pregi e non vanno imitate nei loro pochi difetti.

La scarpa è l’unico punto di contatto con il suolo e con gli apparecchi; proprio come il conducente di un veicolo vuole i migliori pneumatici, uno sportivo sceglierà le migliori calzature per la sua attività.

 

Come respirare

 

Salvo indicazione contraria, possiamo fare due distinzioni:

— Carichi leggeri: in esercizi dove si usa poco peso per le capacità del soggetto e del muscolo che lavora, la respirazione deve essere naturale e non forzata. Lo stesso vale per i muscoli molto piccoli e di scarsa domanda cardiorespiratoria, come quelli dell’avambraccio.

— Carichi pesanti: la cosa corretta da fare è inspirare dal naso e dalla bocca allo stesso tempo, o solo dalla bocca quando è necessaria un’inspirazione rapida, nella prima metà o nel primo terzo dello sforzo, ed espirare dalla bocca nell’ultima metà o nell’ultimo terzo.

 

Il resto del tempo bisogna restare in apnea; quest’ultima può anche iniziare proprio prima di cominciare il movimento in taluni esercizi pesanti (come gli “squat” o le “distensioni su panca”), però ciò richiede una certa pratica. A differenza di quello che avviene nella fase di recupero, durante gli sforzi nel culturismo l’inspirazione esclusivamente dal naso non permette una portata d’aria in entrata sufficiente e veloce.

 

Un’altra ragione per questa respirazione così poco naturale è che le leve del corpo devono trovare un buon punto d’appoggio su un busto fermo. L’inspirazione deve essere moderata, né troppo profonda né troppo scarsa. Non si deve mangiare, bere né masticare gomme o caramelle durante l’esecuzione delle serie di esercizi per non compromettere la respirazione normale.

 

Quanto riposare tra una serie e l’altra di esercizi

 

Dipende da vari fattori: gli obiettivi prefissati, l’esercizio, il grado di allenamento del soggetto, i muscoli interessati, ecc.

 

Un riferimento generale è riprendere l’esercizio ed eseguire la serie successiva quando scende il livello di respirazione accelerata (fiatone) che sicuramente si avrà dopo lo sforzo, o anche quando si nota una diminuzione della congestione muscolare locale, se e quando questa si è prodotta. Poiché entrambe le variabili non sono costanti, ma variano a seconda della persona e del muscolo sollecitato, è corretto aspettare il tempo sufficiente come per realizzare una serie simile alla precedente (qualitativamente e quantitativamente), ma senza aspettare troppo e arrivare a “raffreddarsi”.

I gruppi muscolari grandi richiedono più recupero. La sensazione di bruciore muscolare non è sempre un buon segno di riferimento; se l’allenamento è molto pesante, non c’è grande accumulo di acido lattico ma c’è stanchezza neuromuscolare ed esaurimento parziale dei principi energetici anaerobici. Questo è un errore comune, anche tra i veterani, che vedono la sensazione di bruciore muscolare come l’unico segnale della buona esecuzione dell’esercizio e si ancorano a esso nel conteggio delle ripetizioni.

Fattori chiave: intensità e sovracompensazione

 

 

Nella preparazione fisica in generale e nell’“allenamento di culturismo” in particolare, si sottintende che il corpo è retto da tre leggi fondamentali, che illustriamo brevemente:

  1. Legge della Sindrome Generale di Adattamento (SGA). È la risposta fisica non specifica dell’organismo per adattarsi a qualsiasi causa che rompa il suo equilibrio (una malattia, una riduzione di cibo, un allenamento fisico...). A sua volta, consta di tre fasi:

1.A. Fase di reazione: si produce lo stimolo (nel nostro caso l’allenamento) e si rompe l’equilibrio biologico dell’organismo, che reagisce e riorganizza le sue “difese” per potere recuperare l’equilibrio alterato. Un grafico schematico del processo darà una visione più chiara.

  1. Legge della sovracompensazione. È la risposta fisica dell’organismo quando accumula livelli di potenziale di lavoro superiori a quelli iniziali. Così arriviamo all’“adattamento extragenetico” acuto o funzionale, che avviene nel momento dell’allenamento, e a quello cronico o epigenetico che, frutto della reiterazione del primo, porterà il corpo a una progressione nelle sue funzioni.

 

Spiegazione pratica: quando parliamo di sovracompensazione (o supercompensazione) ci riferiamo al modo che ha il corpo di prepararsi per sforzi simili in futuro. Ciò si può capire molto meglio se si pensa all’utilizzo costante di uno stesso tipo di allenamento e di peso: il corpo si adatterà in poco tempo a esso e non si andrà oltre a questo punto di plateau. Entra in gioco il “principio di sovraccarico” che sarà spiegato più avanti.

 

  1. Legge delle soglie. Qui rientra il concetto di intensità. Tutti possono capire che esistono molte variabili che influiscono sulla soglia di intensità, però a livello pratico intenderemo l’“intensità accettabile” come un certo livello di sforzo al di sotto del quale non si ottengono benefici significativi.

 

Spiegazione pratica: a volte (per motivi professionali, personali, di studio, ecc.), non controlliamo la frequenza degli allenamenti, la dieta e altri fattori importanti per pianificare un allenamento. Però almeno possiamo esigere che, quando ci si allena, lo si faccia con intensità. Anche se di solito si misura in percentuale (vedi paragrafo precedente, “Quante ripetizioni fare”, e l’appendice alla fine del libro), uno stesso esercizio può aumentare d’intensità aggiungendo più peso, riducendo i tempi di recupero, modificando il tempo di allenamento, ecc. In ogni caso, lo sforzo deve essere significativo. Ma bisogna farlo con intelligenza, perché un eccesso d’intensità può portare a lesioni, croniche o acute. Nella pratica, pochissimi portano una serie al punto massimo di esaurimento muscolare locale e si accontentano di arrivare al numero di ripetizioni prefissate come se esistesse una certa magia in quel numero. Potremmo sorprenderci di quali siano i nostri reali limiti in ogni esercizio se solo ci proponessimo di andare oltre. Insistendo su quanto detto in precedenza, questa spiegazione dell’allenamento intenso è la miglior risposta alla domanda “Ci si deve allenare molte ore al giorno?”. Ovviamente, ci si può allenare molto duramente e per molto tempo, ma non tutte e due le cose contemporaneamente. Schwarzenegger e Columbu, per esempio, sollevavano in alcuni esercizi fino a 300 kg. Questo può sembrare spaventoso, ma si dice che, un secolo prima, il tedesco Herman Goerner alzasse 330 kg con una sola mano. Invito qualsiasi appassionato di pesi a caricare una sbarra fino a raggiungere questa cifra e a provare ad alzarla con una mano: gli sembrerà letteralmente attaccata al suolo. C’è chi rifiuta il lavoro unilaterale, per esempio, nelle “estensioni per quadricipiti e del ginocchio su panca” perché considerato di minore intensità rispetto al bilaterale, ma questo non è del tutto esatto. Senza dubbio, il peso totale usato è minore e l’effetto per l’organismo generalmente di poco inferiore (minore effetto sulla SGA), però l’intensità per ogni quadricipite è probabilmente la stessa. Pertanto, bisogna saper valutare che lavoro sta concretamente realizzando il muscolo per conoscere l’intensità locale. Nell’esempio citato, alcuni macchinari hanno il carico laterale, il che predispone a realizzare più sforzo con il lato che riceve la tensione se si usano entrambe le gambe allo stesso tempo. In questi casi, il lavoro unilaterale può essere migliore di quello che utilizza le due gambe insieme. Ritornando al tempo ottimale di allenamento, dipende dal gruppo muscolare con cui si lavora, dalle ore disponibili settimanali, dalla forma fisica che si ha e dagli obiettivi, ma più o meno è tra i 30 e i 90 minuti a seduta, e da 3 a 6 sedute settimanali. Non è possibile concretizzare di più poiché sono molti i fattori che si devono tenere in conto, ma così circa il 90% dei praticanti il culturismo dovrebbe rientrare in questi margini. Aumentare il tempo di allenamento non significa aumentare l’intensità, al contrario un vero e proprio aumento dell’intensità dovrà essere accompagnato da una riduzione del tempo e del volume di lavoro.

 

L’entusiasmo porta alcune persone al sovrallenamento. Se si sospetta che ciò stia avvenendo, conviene ridurre certe variabili, ma non l’intensità. Una ricetta per “rimediare” al sovrallenamento potrebbe essere la seguente: cominciare con una settimana di riposo totale. Quando si riprende l’allenamento, si deve pianificare la routine da seguire in questo modo: 3 volte a settimana a giorni alterni, 2 gruppi muscolari al giorno (uno grande e l’altro piccolo), 1 o 2 esercizi di base per gruppo muscolare, 3 serie per gruppo, 10 ripetizioni per serie fino “al cedimento”, 8 o 9 ore di sonno ristoratore, alimentazione di qualità e idratazione abbondante.

Questo è solo un tipo di pianificazione, ne esistono altri. Nella pratica, alcuni culturisti creano la propria routine proprio così e non per ovviare al sovrallenamento; per altre persone, invece, questa è insufficiente quanto a volume di lavoro.

 

Se volete scoprire nel concreto quali sono gli esercizi proposti, consultate Enciclopedia degli esercizi di muscolazione di Óscar Moràn Esquerdo.

Enciclopedia degli esercizi di muscolazione